Cambiano i colori, cambia il nome ma rimane tutto uguale
Il 2018 ci ha già portato grandi novità in campo sportivo (vedi il “miracolo” olimpico) e anche il Sei Nazioni non è da meno.
A quanto pare la Brexit ha causato notevoli problemi anche tra i pali e dopo che la RBS ha annunciato di non rinnovare il suo contratto lo scorso giugno (dopo 14 anni di sponsorizzazione), i dirigenti del Sei Nazioni hanno avuto parecchie grane nel cercare un rimpiazzo.
La colpa è da attribuirsi essenzialmente all'atteggiamento di John Freehan, il capo del Comitato Sei Nazioni, nei confronti della RBS: invece di abbassare la cresta e salvare il salvabile, come si suol dire, ha preferito tagliare i ponti e cercare nuovi investimenti da 100mln di sterline (distribuiti in sei anni). Difatti Frehan aveva proposto alla banca scozzese un'offerta iniziale di 17mln per vendere i diritti del marchio. Inutile dire che nessun pazzo avrebbe speso una cifra di tale portata, nemmeno per lo sport. E così dopo una sonora batosta “mondiale”, il CEO della manifestazione è tornato con la coda tra le gambe dalla RBS e ha accettato un accordo che prevede svariati milioni in meno rispetto la sua proposta. Così dai 15 mln offerti in giugno dalla RBS per continuare a sponsorizzare il Sei Nazioni, si è scesi a 9 per poi firmare il patto a 11mln con la NatWest. Ma solo per un anno.
Qualcuno però si è chiesto come mai sia stato tanto difficile, per un evento sportivo così seguito, trovare dei finanziatori? Beh uno dei motivi, l'ho detto in apertura, è stata la Brexit ma non è la sola. La dott.ssa Anna Semens della CAKE, società di analisi e marketing, ha evidenziato altre problematiche come ad esempio l'elevata offerta iniziale (£ 17mln l'anno) presentata da Freehan. A questo vanno aggiunte anche le dichiarazioni di quest'ultimo, il quale ha affermato di voler «uno sponsor che sia attivamente impegnato non solo in Gran Bretagna, ma in tutto il mondo. Vediamo del potenziale in mercati come gli Stati Uniti. Vogliamo un marchio che si allinei con quello (scopo)». Peccato però che il rugby non sia uno sport così popolare in America da attirare una folla considerevole (e ciò è stato dimostrato dalle poltrone vuote dello stadio di Filadelfia nella partita Saracens vs New Castle del 17/9 scorso), soprattutto se si tratta del torneo europeo di rugby a 15. Al contrario il rugby a 7 sarebbe un'ottimo investimento su cui puntare i propri soldi, specialmente dopo la decisione del CIO di inserirlo come sport Olimpico nei Giochi di Rio2016 e quelli di Tokyo2020: e si sa che le Olimpiadi attirano molti più soldi e spettatori di un singolo torneo.
Infine vi sono questioni di carattere prettamente finanziario. Solitamente i partner commerciali del mondo rugbystico sono sempre state le banche e l'alta finanza. Ma la crisi del 2008 ha distolto l'attenzione dei banchieri dal Sei Nazioni, una manifestazione che necessita parecchi soldi. Inoltre il fatto che la banca nazionale scozzese abbia sborsato per 14 anni un'ingente somma, riuscendo a diventare il sinonimo del torneo, ha scoraggiato non poco i possibili candidati.
Queste sono dunque le principali ragioni per cui il CEO del Sei Nazioni non è stato in grado di trovare un valido sostituto della RBS. Veniamo ora al calendario delle partite; quest'anno si inizia presto.
DATA
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ORA ITALIANA
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PARTITA
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Appuntamento allora il 3 febbraio p.v. ore 15:15 su DMAX con Antonio Raimondi e Vittorio Munari, pronti a twittare i #munarismi della partita inaugurale. MA... per tutti gli appassionati friulani di rugby e i "forestieri" che si trovano in #Friuli (o se voleste farvi le trasferte), l'appuntamento è per venerdì 2 febbraio alle ore 19.00 presso lo Stadio Enzo Bearzot di Gorizia per la partita #ITAvENGu20 del Sei Nazioni under20 (anche questa inaugurale).
A presto!
Fonti: The Guardian, Campaign live, The Scotsman.