Messaggio di pace o mossa politica?
Tutto iniziò 18 anni fa durante l'edizione dei Giochi Olimpici del Millennio, come poi furono chiamate le Olimpiadi di Sydney.
Appena lo speaker inglese pronunciò l'ultima parola, un boato incredibile si innalzò dagli spalti festeggiando questa unione che all'epoca fu davvero “miracolosa”, essendo la prima volta (e riappacificando i rapporti dopo molto tempo). Purtroppo però le due Nazioni furono unite solo durante la Cerimonia, poiché le competizioni si svolsero sotto le bandiere ufficiali come due distinte squadre.
Passano quattro anni e anche ad Atene 2004, durante la rinnovata distensione dei rapporti diplomatici, gli atleti coreani si ripresentarono uniti sotto lo stesso stendardo.
Facciamo un salto di due anni, si cambia Paese e si cambia pure “edizione”. Voliamo nella nostra Italia e anche in questo caso (come in molti altri) abbiamo ottenuto un primato importante: per la prima volta infatti i due Stati asiatici si presentarono insieme ai Giochi Olimpici Invernali.
Quindi PyeongChang 2018 rappresenterà un ulteriore passo verso l'unificazione sportiva (se non politica) della penisola? Chi lo sa.
Nonostante la lieta novella mi sento obbligato ad aprire gli occhi a certi internauti e a buona parte dell'opinione pubblica, che senza tante cerimonie ha riempito il web di fastosi commenti; li stessi di cui parlavo in apertura. Miei cari ragazzi/e pensate forse che questa decisione sia un miracolo? Un dono proveniente da Apollo e Zeus? O da Buddha? Ovviamente no! Si tratta di un abile mossa politica del nano malefico coreano, sapientemente progettata e con un alto costo. Infatti per garantire la sua presenza, Kim ha chiesto (ordinato) e ottenuto alcune pretese che a prima vista possono sembrare “neutre” e pacifiche, mentre in realtà hanno uno scopo propagandistico. Tra le condizioniv i sono un evento culturale comune sul monte Kumgang (non distantissimo dalla spiaggia di Wŏnsan, dove si sono verificati gli ultimi lanci missilistici) e un allenamento congiunto nell'impianto sciistico di Masikyrong, scelto appositamente dal nano stesso. In cambio Pyongyang invierà una delegazione di 230 persone (di cui un numero assai esiguo di olimpionici) e una squadra dimostrativa di 30 atleti di taekwondo per alcune esibizioni. Oltre a questi, vi saranno anche due componenti artistiche: una è l'orchestra nordcoreana Samjiyon (composta da 140 membri) che terrà alcuni concerti presso Seul e Gangneung, città ospitante alcune competizioni olimpiche; l'altra è il gruppo militare Moranbong band, completamente al femminile, istituita sei anni fa dallo stesso dittatore. Sulla partecipazione di quest'ultima però ci sono dei dubbi e delle polemiche in atto, in quanto Seul la considera troppo propagandistica. In effetti ascoltando (più che altro leggendo i sottotitoli) alcune canzoni non è difficile intuire le preoccupazioni coreane, visti i continui riferimenti all' “orgoglio militare” e l'elogio al loro Maresciallo, vale a dire Kim. Perciò staremo a vedere se saranno effettivamente presenti. In cambio la Corea del Sud, oltre all'accettazione delle “richieste” nordcoreane, ha disposto che durante il Capodanno lunare di febbraio i membri delle famiglie divise dalla guerra del '50-'53 si possano riunire sotto l'egida della Croce Rossa. «Faremo ogni sforzo per fare dei Giochi di PyeongChang e delle Paralimpiadi un 'festival di pace' e un sostegno utile perché sia il primo passo verso un miglioramento dei rapporti intercoreani» queste le parole del ministro dell'Unificazione Cho Myoung-gyon, a capo della delegazione sudcoreana durante i colloqui dei giorni scorsi.
Che questi dialoghi siano stati una mossa politica, lo dice anche gente più esperta di me come per esempio Carlo Jean professore alla Luiss di Roma. Costui afferma che «da questi dialoghi preliminari esce vincente Moon, che si rafforza nel suo Paese, dove nessuno vuole una guerra; Kim che aumenta la sua sicurezza; e la Cina (che così si para il culo, nonché vede sane e salve le sue finanze). Meno bene escono gli Stati Uniti, dopo mesi di retorica infuocata la Casa Bianca per il momento sta a guardare questo avvicinamento olimpico». Scettico è anche il Giappone il quale, assieme a Washington, preme per una resa incondizionata dei progetti nucleari da parte di Pyongyang.
E mentre i politici e i politologi fomentano le proteste il COC, il Comitato Olimpico Coreano, ha proposto che la squadra di hockey femminile possa essere composta da atlete di entrambe le Coree. Infatti come scrivevo in apertura, è stata presentata al CIO la proposta per un possibile team unificato come segno di pace e di distensione tra i due Paesi. Ma c'è chi non vede questo di buon occhio, in particolare l'allenatrice delle ragazze sudcoreane Sarah Murray che considera tale richiesta dannosa e penalizzante per le proprie atlete. Il motivo consisterebbe nella poca preparazione ed esperienza delle giocatrici del Nord le quali, se la proposta venisse accolta, andrebbero a occupare il posto in panchina di ragazze più dotate. Secondo l'allenatrice ciò inficerebbe sulla “chimica” di squadra e, ovviamente, sulla sua prestazione.
Se giochi al meglio, allora ti sarai guadagnato il posto. Che siano sudcoreane o nordcoreane, devono guadagnarsi il posto.
Di tutt'altro avviso sono invece l'italiano Ivo Ferriani (membro del Cio e presidente della federazione internazionale di bob e skeleton) e lo statunitense Darrin Steele, (ex tecnico ora alla guida della federazione americana) i quali potrebbero diventare i tecnici della squadra unificata di bob a 4 composta da due atleti di entrambi gli Stati (i due sono amici). Lo stesso Steele ha affermato di essere a totale «disposizione di qualsiasi iniziativa possa rafforzare la cooperazione fra Corea del Nord e del Sud». Fortunatamente non tutti sono coglioni in America.
Chi non sarà affatto contento per le prossime Olimpiadi sarà la Russia, che il 5 dicembre scorso si è vista cacciare definitivamente dai prossimi Giochi dal Comitato Olimpico Internazionale a causa dell'inchiesta sul doping di Stato. Non solo lo Stato non potrà partecipare, ma è stato anche escluso dall'organizzazione di tutte le future Olimpiadi il vice primo ministro e ministro dello Sport russo Vitaly Mutko. Perciò dopo l'Eurovision, Putin dovrà dire addio anche ai Giochi Olimpici per almeno quattro anni.
Certo è una magra consolazione, visto che comunque gli atleti potranno gareggiare sotto la bandiera dei Cinque Cerchi e con la denominazione “Atleti olimpici dalla Russia”. Personalmente non trovo corretto questa decisione, perché di fatto non punisce completamente la Nazione. Sarebbe stato più giusto non permettere proprio alcun tipo di partecipazione, dato che probabilmente molti degli atleti coinvolti nel programma governativo di doping emerso a Sochi 2014 (se voleste approfondire, vi rimando all'articolo de Il Post), saranno presenti anche a PyeongChang.
Voi cosa ne pensate? Lasciate un commento se volete (e ricordate che è anonimo)
Grazie per aver letto.
Alla prossima!
Fonti: Quotidiano.net, Repubblica, Rainews. Il Post.