Buondì caro lettore/trice. Il libro di cui ti parlerò oggi si intitola, come hai già notato, Il patto dell'abate nero ed è il secondo capitolo della Secretum Saga di Marcello Simoni. Prima di proseguire ecco qui la trama:
Firenze, 1460. Era da un anno che si erano perse le sue tracce ed eccolo, ora, accusato nuovamente e ingiustamente dell'omicidio di Teofilo Capponi. Costretto in ogni caso alla fuga, Tigrinus accetta l'incarico di ritrovare un favoloso e mortale tesoro, attraverso un viaggio che lo porterà a indagare in alcuni loschi traffici del commercio algherese. Ma la scoperta che lo attenderà, sarà ancor più clamorosa.
A differenza del primo capitolo, L'eredita dell'abate nero, il titolo del presente volume è totalmente fuorviante: per quanto il protagonista sia sempre Tigrinus, la figura dell'abate nero non è così presente come lo è stato nel precedente romanzo. Si può anzi dire che la sua presenza sia più aleatoria, quasi uno spirito che riecheggia in lontananza tra le pagine ma mai chiamato in causa direttamente. Perciò, non pensare che la storia sia incentrata nuovamente sull'abate e sulle Tavole di Smeraldo, perché non è così. Questi semmai sono un pretesto per continuare la trama ma, con tutte le probabilità, bisognerà attendere il capitolo finale della saga, L'enigma dell'abate nero, per ritrovare i personaggi e le situazioni iniziali.
Ciononostante anche se il suddetto volume può essere considerato, apparentemente almeno, una sorta di “avventura-transito” nel quadro generale delle gesta di Tigrinus, è senza dubbio avvincente e molto intrigante. Ancora una volta Simoni è riuscito a farci piombare nella Storia, facendoci quasi percepire l'aria di cambiamento che la società dell'epoca stava attraversando (forse a causa dell'introduzione di importanti personaggi storici) e ricostruendo un mondo e una città di cui, come egli stesso afferma, è difficile reperire informazioni. Scopriamo così una Alghero diversa da come la si può visitare oggi (le cui uniche rassomiglianze sono le mura con le sue torri e bastoni e le due chiese principali), camminando letteralmente attraverso le vie riportate alla luce di quella che fu la cittadina catalana negli anni '60 del Quattrocento; è stato strabiliante scoprire una comunità e un vivere completamente diversi dall'attuale. A far da cornice, poi, vi sono le magnifiche descrizioni di questi splendidi scorci, visitabili tutt'oggi, con una cura nei dettagli eccezionale e una chiara selezione delle parole, che insinuano nel lettore il desiderio di scoprirli e vederli coi propri occhi. D'altronde la fedeltà storica (e descrittiva) è quindi un must dello scrittore, quasi anzi un dovere morale, per il quale personalmente devo ringraziarlo. Inoltre la scelta di voler spiegare l'esistenza o meno dei personaggi, luoghi e oggetti coinvolti nella trama, fornendo le fonti su cui si è documentato, è davvero esemplare; solo pochi autori lo fanno.
Pur tuttavia, la mia deformazione professionale mi porta a dubitare su un particolare elemento storico descritto; bada lettore/trice, che bisogna proprio essere delle pigne per cercare simili cavilli, da ciò la premessa. Simoni utilizza l'espressione “Principato di Catalogna”, eppure bisogna effettivamente constatare se i territori da lui menzionati ne facessero parte nel 1460. Benché sia indubbio che i suddetti appartenessero al contado del Rossiglione, bisogna invece verificare se lo stesso rientrasse nei confini del Principato o piuttosto fosse già stato assoggettato dai Francesi. La disputa per la sovranità dei contadi del Rossiglione e della Cerdagna fu, infatti, oggetto di numerosi scontri tra il Regno di Francia e la Corona aragonese per svariati secoli. “Cosa cambia?” Potresti pensare; be' tutto sta nell'usare l'etimologia corretta: con “Principato di Catalogna” si fa riferimento a uno stato (oggi non più esistente), che rientrava nei domini aragonesi, mentre il più generico “Rossiglione” (o “contado del Rossiglione”) può essere impiegato anche per descrivere quegli stessi territori però sottomessi alla Corona francese e senza andare nel dettaglio. Come ho detto, si tratta semplicemente di pignoleria.
Escludendo questi dubbi personali, consiglio vivamente la lettura di questo romanzo che, come avrai ormai capito, mi ha emozionato e tenuto incollato. D'altronde, non si può iniziare una saga già di per sé avvincente e non finirla; non trovi?!
Perciò corri a comprarlo in libreria o vai a prenderlo in prestito in biblioteca, perchè sono soldi e tempo ben spesi!
Alla prossima! L'avventura continua...
A differenza del primo capitolo, L'eredita dell'abate nero, il titolo del presente volume è totalmente fuorviante: per quanto il protagonista sia sempre Tigrinus, la figura dell'abate nero non è così presente come lo è stato nel precedente romanzo. Si può anzi dire che la sua presenza sia più aleatoria, quasi uno spirito che riecheggia in lontananza tra le pagine ma mai chiamato in causa direttamente. Perciò, non pensare che la storia sia incentrata nuovamente sull'abate e sulle Tavole di Smeraldo, perché non è così. Questi semmai sono un pretesto per continuare la trama ma, con tutte le probabilità, bisognerà attendere il capitolo finale della saga, L'enigma dell'abate nero, per ritrovare i personaggi e le situazioni iniziali.
Ciononostante anche se il suddetto volume può essere considerato, apparentemente almeno, una sorta di “avventura-transito” nel quadro generale delle gesta di Tigrinus, è senza dubbio avvincente e molto intrigante. Ancora una volta Simoni è riuscito a farci piombare nella Storia, facendoci quasi percepire l'aria di cambiamento che la società dell'epoca stava attraversando (forse a causa dell'introduzione di importanti personaggi storici) e ricostruendo un mondo e una città di cui, come egli stesso afferma, è difficile reperire informazioni. Scopriamo così una Alghero diversa da come la si può visitare oggi (le cui uniche rassomiglianze sono le mura con le sue torri e bastoni e le due chiese principali), camminando letteralmente attraverso le vie riportate alla luce di quella che fu la cittadina catalana negli anni '60 del Quattrocento; è stato strabiliante scoprire una comunità e un vivere completamente diversi dall'attuale. A far da cornice, poi, vi sono le magnifiche descrizioni di questi splendidi scorci, visitabili tutt'oggi, con una cura nei dettagli eccezionale e una chiara selezione delle parole, che insinuano nel lettore il desiderio di scoprirli e vederli coi propri occhi. D'altronde la fedeltà storica (e descrittiva) è quindi un must dello scrittore, quasi anzi un dovere morale, per il quale personalmente devo ringraziarlo. Inoltre la scelta di voler spiegare l'esistenza o meno dei personaggi, luoghi e oggetti coinvolti nella trama, fornendo le fonti su cui si è documentato, è davvero esemplare; solo pochi autori lo fanno.
Pur tuttavia, la mia deformazione professionale mi porta a dubitare su un particolare elemento storico descritto; bada lettore/trice, che bisogna proprio essere delle pigne per cercare simili cavilli, da ciò la premessa. Simoni utilizza l'espressione “Principato di Catalogna”, eppure bisogna effettivamente constatare se i territori da lui menzionati ne facessero parte nel 1460. Benché sia indubbio che i suddetti appartenessero al contado del Rossiglione, bisogna invece verificare se lo stesso rientrasse nei confini del Principato o piuttosto fosse già stato assoggettato dai Francesi. La disputa per la sovranità dei contadi del Rossiglione e della Cerdagna fu, infatti, oggetto di numerosi scontri tra il Regno di Francia e la Corona aragonese per svariati secoli. “Cosa cambia?” Potresti pensare; be' tutto sta nell'usare l'etimologia corretta: con “Principato di Catalogna” si fa riferimento a uno stato (oggi non più esistente), che rientrava nei domini aragonesi, mentre il più generico “Rossiglione” (o “contado del Rossiglione”) può essere impiegato anche per descrivere quegli stessi territori però sottomessi alla Corona francese e senza andare nel dettaglio. Come ho detto, si tratta semplicemente di pignoleria.
Escludendo questi dubbi personali, consiglio vivamente la lettura di questo romanzo che, come avrai ormai capito, mi ha emozionato e tenuto incollato. D'altronde, non si può iniziare una saga già di per sé avvincente e non finirla; non trovi?!
Perciò corri a comprarlo in libreria o vai a prenderlo in prestito in biblioteca, perchè sono soldi e tempo ben spesi!
Alla prossima! L'avventura continua...