Un romanzo intramontabile!
Tutti coloro che lo hanno sentito nominare almeno una volta, ne conoscono il soggetto e i personaggi, ma non tutti forse lo avranno letto e complici svariati film e serie tv, avranno una versione distorta della storia... e della realtà, pure.
I tre moschettieri è forse il romanzo storico più famoso di Alexandre Dumas padre (si legge Dumà), pubblicato a Parigi nel luglio 1844, facente parte di una trilogia assieme a Vent'anni dopo e a Il visconte di Bragelonne, benché nessuno se ne curi proprio per la notorietà del primo. La versione da me letta è del 1995 pubblicata da Alberto Peruzzo Editore, perciò i passi che troverete di seguito sono riportati parola per parola da quell'edizione, mentre l'originale è tratto da una stampa del 1860. Ecco la trama:
È il 1625 quando D'Artagnan, un giovane sui diciott'anni proveniente da un paese della Guascogna (regione meridionale francese a ridosso dei Pirenei) o Béarn, come era chiamata anche all'epoca, si reca a Parigi con la ferrea decisione di entrare nei moschettieri, la guardia d'élite del Re. Il suo obiettivo quindi è uno solo: farsi arruolare dal signor de Tréville, capitano generale dell'arma. Lungo il suo viaggio verso la casacca da moschettiere non mancheranno di certo gli ostacoli e i pericoli, in cui il giovane Guascone si tufferà a capofitto, sebbene alle volte, ci si ritroverà per caso. Sarà anche grazie all'aiuto di tre soldati del Re, Athos, Porthos e Aramis, se riuscirà a cavarsela difronte a queste minacce, spesso architettate da un losco gentiluomo, dal temuto cardinale di Richelieu e da una donna, mentre nel frattempo la Francia attraverserà una serie di avvenimenti importanti per la sua salvezza. Tra intrighi e avventure, la vita di D'Artagnan cambierà per sempre.
L'ho definito storico (che poi non son io a definirlo così, ma già i critici suoi contemporanei) perché infatti Dumas racconta una storia vera o verosimile tratta da un memoriale di un personaggio, scovato durante alcune sue ricerche, come lui stesso ammette nella famosa prefazione del romanzo:
È il 1625 quando D'Artagnan, un giovane sui diciott'anni proveniente da un paese della Guascogna (regione meridionale francese a ridosso dei Pirenei) o Béarn, come era chiamata anche all'epoca, si reca a Parigi con la ferrea decisione di entrare nei moschettieri, la guardia d'élite del Re. Il suo obiettivo quindi è uno solo: farsi arruolare dal signor de Tréville, capitano generale dell'arma. Lungo il suo viaggio verso la casacca da moschettiere non mancheranno di certo gli ostacoli e i pericoli, in cui il giovane Guascone si tufferà a capofitto, sebbene alle volte, ci si ritroverà per caso. Sarà anche grazie all'aiuto di tre soldati del Re, Athos, Porthos e Aramis, se riuscirà a cavarsela difronte a queste minacce, spesso architettate da un losco gentiluomo, dal temuto cardinale di Richelieu e da una donna, mentre nel frattempo la Francia attraverserà una serie di avvenimenti importanti per la sua salvezza. Tra intrighi e avventure, la vita di D'Artagnan cambierà per sempre.
L'ho definito storico (che poi non son io a definirlo così, ma già i critici suoi contemporanei) perché infatti Dumas racconta una storia vera o verosimile tratta da un memoriale di un personaggio, scovato durante alcune sue ricerche, come lui stesso ammette nella famosa prefazione del romanzo:
Il y a un an à peu près qu'en faisant à la Bibliothèque royale des recherches pur mon histoire de Louis XIV, je tombai par hasard sur les Memoires de M. d'Artagnan, imprimés, - comme la plus grande partie des ouvrages de cette époque, où les auteurs tenaient à dire la vérité sans aller faire un tour plus ou moins long à la Bastille -, à Amsterdam, chez Pierre Rouge. Le titre me séduisit : je les emportai chez moi, avec la permission de M. le conservateur, bien entendu, et je les dévorai.
Or è un anno, o pressapoco, mentre facevo nella Biblioteca reale alcune ricerche per la mia storia di Luigi XIV, mi vennero per caso tra le mani le Memorie del signor D'Artagnan, stampate, come la massima parte delle opere di quell'epoca in cui gli autori volevano, sì, dire la verità, ma senza andare a fare un giro più o meno lungo alla Bastiglia, da Pierre Rouge, ad Amsterdam. Il titolo mi allettò: portai il volume a casa, col permesso del signor bibliotecario, si capisce, e lo lessi d'un fiato.
Or è un anno, o pressapoco, mentre facevo nella Biblioteca reale alcune ricerche per la mia storia di Luigi XIV, mi vennero per caso tra le mani le Memorie del signor D'Artagnan, stampate, come la massima parte delle opere di quell'epoca in cui gli autori volevano, sì, dire la verità, ma senza andare a fare un giro più o meno lungo alla Bastiglia, da Pierre Rouge, ad Amsterdam. Il titolo mi allettò: portai il volume a casa, col permesso del signor bibliotecario, si capisce, e lo lessi d'un fiato.
Pertanto il famigerato D'Artagnan è esistito davvero ed è stato veramente un moschettiere del Re. Posso affermarlo con certezza perché è alquanto improbabile che in quell'epoca un soldato usasse uno pseudonimo per intitolare le proprie memorie; a ciò poi aggiungo che il giovane Guascone era per sua stessa ammissione un gentiluomo (ciò implicava, il più delle volte, avere ascendenze nobiliari, come in questo caso), pertanto mai si sarebbe sognato di nascondersi dietro a un nom de plume, se non altro per orgoglio (caratteristica onnipresente nella storia). Infine, la terza ragione ce la fornisce l'autore medesimo evidenziando come a quel tempo non fosse prudente pubblicare nel proprio Paese d'origine certi ricordi, che sarebbero potuti finire sulla scrivania della polizia.
Una prova, invece, di quanto da me affermato nel paragrafo precedente la citazione la potrai trovare, caro lettore, se, cercando notizie o addirittura il documento stesso nell'Internet, ti imbattessi nel suo indice: ti accorgeresti che pressapoco corrisponde a quello del libro di Dumas. Stessi titoli, stesse vicende. Posso quindi sostenere, senza problemi, che Dumas abbia romanzato una storia già scritta; che l'abbia imbellita con descrizioni e paesaggi con una retorica molto accattivante che gli hanno consentito di divenire uno fra i maggiori autori francesi, facendo conoscere al mondo degli avvenimenti realmente accaduti. Difatti Dumas mescola assieme alle Memorie di D'Artagnan anche eventi storici di importanza rilevante per la storia francese e, da un certo punto di vista, europea/mondiale come l'assedio di La Rochelle, preludio alla revoca dell'Editto di Nantes, ma menziona anche vicende straniere intrecciandole con la trama e istruisce il lettore con nozioni antecedenti al tempo descritto (vedi la notte di San Bartolomeo). Inoltre, come se già questo non bastasse, dà voce a personaggi importanti quali il temibile cardinale Armand-Jean du Plessis, duca di Richelieu, di cui tiene in buono conto le sue Memorie, Luigi XIII e Anna d'Austria, politici e militari stranieri e illustra alla perfezione la società dell'epoca, facendone risaltare gli usi e i costumi vigenti mettendoli a confronto con la sua attualità. Tutti questi elementi, più il continuo dialogo tra il narratore e il lettore, rendono I tre moschettieri un romanzo straordinariamente avvincente, intrigante ma soprattutto istruttivo.
Purtuttavia si tratta sempre di un romanzo e, come tale, presenta vari aspetti e personaggi fantasiosi aggiunti per dare tono alle vicende, già di per loro affascinanti. Vi è poi una questione fondamentale che bisogna chiarire e si tratta del protagonista: chi è l'attore principale in questa storia? Sono convinto che in molti si saranno chiesti perché Dumas non lo abbia intitolato I quattro moschettieri o D'Artagnan e i tre moschettieri; la risposta è alquanto semplice: il vero protagonista del romanzo non è D'Artagnan, bensì i suoi tre compagni d'arme: Athos, Porthos e Aramis (pronunciati in italiano Àtos, Pòrtos, Aramìs; in francese l'accento è sull'ultima vocale). Infatti, benché il libro sia stato scritto seguendo gli avvicendamenti del giovane Guascone e, come ho già detto, ripercorrendo le tappe della sua vita, l'attenzione è tutta incentrata sui tre soldati attorno ai quali si concentra un alone di mistero da cui lo stesso Dumas fu rapito:
D'Artagnan raconte qu'à sa première visite à M. de Tréville, le capitaine des mousquetaires du roi, il recontra dans son antichambre trois jeunes gens servant dans l'illustre corps où il sollicitait l'honneur d'ètre reçu, et ayant nom Athos, Porthos et Aramis. Nous l'avouons, ces trois noms étrangers nous frappèrent, et il nous vint aussitôt à l'esprit qu'ils n'étaient que des pseudonymes à l'aide desquels d'Artagnan avait déguisé des noms peut-être illustres, si toutefois les porteurs de ces noms d'emprunt ne les avaient pas choisis eux-mêmes le jour où, par caprice, par mécontentement ou par défaut de fortune, ils avaient endossé la simple casaque de mousquetaire. Dès lors nous n'eûmes plus de repos que nous n'eussions retrouvé, dans les ouvrages contemporains, une trace quelconque de ces noms extraordinaires qui avaient si fort éveillé notre curiosité.
D'Artagnan racconta che nella sua prima visita al signor de Tréville, capitano dei moschettieri, incontrò nell'anticamera tre giovani appartenenti all'illustre arma in cui sollecitava l'onore di essere ammesso, i quali giovani si chiamavano Athos, Porthos e Aramis. Questi tre strani nomi, lo confessiamo, ci colpirono e, pensammo subito che fossero solo pseudonimi dati da D'Artagnan a uomini forse illustri, a meno che i possessori di quei nomi presi a prestito non li avessero scelti essi stessi il giorno in cui, per capriccio, per insoddisfazione o per poca fortuna, avevano indossato la divisa del moschettiere. Da allora non avemmo più pace, perché volevamo trovare nelle opere contemporanee una qualunque traccia di quei nomi straordinari che avevano tanto vivamente svegliato la nostra curiosità.
D'Artagnan racconta che nella sua prima visita al signor de Tréville, capitano dei moschettieri, incontrò nell'anticamera tre giovani appartenenti all'illustre arma in cui sollecitava l'onore di essere ammesso, i quali giovani si chiamavano Athos, Porthos e Aramis. Questi tre strani nomi, lo confessiamo, ci colpirono e, pensammo subito che fossero solo pseudonimi dati da D'Artagnan a uomini forse illustri, a meno che i possessori di quei nomi presi a prestito non li avessero scelti essi stessi il giorno in cui, per capriccio, per insoddisfazione o per poca fortuna, avevano indossato la divisa del moschettiere. Da allora non avemmo più pace, perché volevamo trovare nelle opere contemporanee una qualunque traccia di quei nomi straordinari che avevano tanto vivamente svegliato la nostra curiosità.
Mi fermo qui perché altrimenti sarebbe troppo lungo il passo, e già così con la versione originale è notevole. Questa curiosità che permea ogni storico e che lo spinge a voler trovare a tutti i costi una fonte e una testimonianza essenziale per soddisfare il proprio interesse, fu talmente forte in Dumas che persistette nella stesura del romanzo e la si può riscontrare in ogni descrizione dello stesso. L'autore infatti usa saggiamente quella che oggi definiamo suspance, pronunciata alla francese o all'inglese che dir si voglia, per instillare nel lettore la sua stessa curiosità; questi si ritrova quindi a immedesimarsi nel lavoro di ricerca dello scrittore e a divorare le pagine per scoprire le identità e i misteri nascosti da quei tre nomi, assieme a D'Artagnan. Ci sono dunque tre detective in azione durante la lettura: l'autore (Dumas), lo pseudo protagonista (il giovane Guascone) e il lettore. Tutti e tre cercano di fare luce su questi valorosi soldati e, senza rovinare la sorpresa, posso dire che uno di questi si arrenderà.
La domanda che mi pongo, ora che l'ho letto, è perché non abbiano ancora realizzato un film fedele; eppure la storia è affascinante. Infatti, come menzionato all'inizio di questa recensione, molti avranno magari presente le trasposizioni distorte, non ultima quella del 2011 con Logan Lerman, Olando Bloon e Milla Jovovich (benché i migliori Athos, Porthos e Aramis sono quelli de La maschera di ferro) oppure le serie tv, ma nessuna di queste ha seguito pari passo il romanzo. Il film di Anderson ha addirittura rivoluzionato la storia, inserendo elementi del tutto incongruenti e anacronistici e uscendo dai binari, reinterpretando la trama in chiave fantasy. Il colpo di grazia alla “fedeltà traspositrice” l'ha dato, anzi lo darà, il film di Veronesi in uscita il 27 dicembre prossimo col titolo Moschettieri del Re – La penultima missione; dal trailer però pare almeno divertente. Devo fare una confessione: nel rileggere il testo prima di pubblicarlo, mi sono accorto di aver confuso i film; perché il trailer di cui parlavo era di un'altra trasposizione, o forse era proprio un altro film. Perciò, quando scrivo “pare almeno divertente”, diciamo che era sulla parola. Ora che ho visto il trailer confermo: è un colpo al cuore per la storia, ma almeno fa ridere.
In ogni caso ancora non me ne capacito, che non esista una copia fedele su pellicola di questo straordinario romanzo (forse il film del 1948 lo rispecchia, ma devo verificare), dato che non vi è la necessità di aggiungerci navi volanti o sommozzatori o rendere i protagonisti dei rincoglioniti senza paura; perché una volta iniziato, il libro vi si incollerà alle mani (e agli occhi). GARANTITO! ... Certo, sempre che vi piaccia il genere.
Perciò è alquanto lapalissiano consigliarti di leggerlo, caro lettore, perché avresti già dovuto ordinarlo a metà recensione e se non l'avessi ancora fatto... beh male! Vai e leggilo e magari alcune delle tue certezze (sul libro ovvio) verranno sbriciolate.
Buona lettura e buone feste!
PS: ma tu, caro lettore, lo sai almeno perché e come nasce il motto Tutti per uno e uno per tutti? No? Beh leggi il libro e lo scoprirai... rimarrai stupito.
Aggiornamento: inserito il link della recensione de Moschettieri del Re (aggiornato il 29/7/'19)
Aggiornamento 2: modificata l'impaginazione. (Aggiornato il 22/12/2020)