Un "nuovo" miracolo paventa uno scisma
Ora che ho terminato di guardare gli ultimi quarti della Coppa del Mondo di Rugby, vi posso parlare (anzi, dovrei dire ti posso) di questo libro uscito lo scorso anno firmato Glenn Cooper, che ho terminato ieri sera: I figli di Dio.
Anatolia, estate. Durante uno scavo archeologico di cui è a capo, Cal Donovan riceve una telefonata inaspettata dal Vaticano: il pontefice ha bisogno del suo aiuto. Questa volta però non si tratta di scovare documenti antichi o risolvere problemi finanziari, ma di indagare su qualcosa che minaccia l'universalità della Chiesa cattolica e scuote la fede dei credenti, un miracolo che non si compie da diversi secoli e che potrebbe comportare un nuovo scisma.
Allora, inizio col dire che questa volta Cooper ha fatto centro e il libro mi è piaciuto molto. Sì perché nella recensione del precedente, Il debito, non avevo espresso considerazioni lodevoli per il suo lavoro, sembrandomi un po' sottotono rispetto al suo solito e alla sua spiccata fantasia. Impressioni queste che ho ribadito direttamente all'autore in risposta a un suo gentilissimo tweet, per il quale lo ringrazio ancora. Eccolo qui:
thank you for reading it. The book is beautiful but not very engaging, not like the previous ones. But the plot is really interesting. Since I'm an History graduated, I'm very fussy about history, dates and facts. Sorry for my revision. ? I can't wait to read the next one ? pic.twitter.com/htUtDJ5o1X
— Ma io sopra o sotto? (@Maiosopraosotto) October 8, 2019
La storia è davvero avvincente e porta il lettore attento a farsi delle domande e a viaggiare tra i continenti (almeno all'inizio), nonché a calzare le scarpe del protagonista principale, Cal Donovan, o dei personaggi su cui era incentrato di volta in volta il capitolo. Perciò mio lettore, per esempio, se il personaggio stesse vedendo un dibattito in TV, ti ritroveresti seduto accanto a lui sulla poltrona; se guidasse, saresti un suo passeggero; se parlasse al telefono, ti sentiresti una coccinella nella stanza che origlia la conversazione. Insomma Mr. Cooper è riuscito a ritornare sui binari del proprio stile descrittivo, usando tutta la fantasia e la proprietà linguistica con cui si è contraddistinto negli altri romanzi, specie nelle due trilogie. Tra le tante, le due parti che ho preferito sono il resoconto di un'intervista e l'epilogo del penultimo capitolo. Ovviamente non dirò di cosa parlano però permettimi, caro lettore, di giustificare la mia scelta. Ebbene, l'intervista rispecchia la sensazione di cui sopra, ossia dell'assoluta immedesimazione con il protagonista o un altro personaggio; nel secondo caso invece l'apprezzamento riguarda la maestria di Mr. Cooper (nonchè la geniale idea nell'inserirlo) nel trasportare su carta un tipo di narrazione “visiva” e di montaggio proprio di un film. Cioè in pratica l'autore ha compiuto un'opera di trasmutazione: ha preso la tecnica del video montaggio (di scene plurime aventi come soggetto i personaggi della storia) e l'ha resa in prosa, utilizzando una forma che permettesse al lettore di ricrearsi poi quel montaggio nella mente. Davvero incredibile e molto suggestivo. Perciò tanti complimenti.
Un altro aspetto che mi ha particolarmente fatto sorridere e che ha sollevato delle questioni che riporterò in calce, riguarda la cieca fede nei dogmi cristiani e nella Bibbia da parte dei credenti, in particolare degli officianti. Ho trovato buffa la descrizione di un colloquio tra un prete e un cardinale che si ritrovano a fondare le proprie opinioni e i propri ragionamenti su un testo puramente allegorico, ma che loro citano come se fosse una fonte assolutamente attendibile. D'altronde è anche capibile, visto che la Chiesa non può far altro che basarsi sulla Bibbia; di certo non si può pretendere che dall'oggi al domani si metta a disquisire del Bing Bang come particella di Dio, no? Ma è davvero divertente notare l'ingenuità e l'ottusità dei loro ragionamenti, che potrebbero essere fatti da qualsiasi uomo di fede. Magari l'autore non voleva dare questa impressione, però è ciò che ho avvertito leggendo. Cooper poi, forse inavvertitamente, dimostra anche la difficile dualità che vivono molti letterati credenti: pur essendo gente di scienza e pur avendo prove a sufficienza dell'impossibilità di certi avvenimenti descritti nella Bibbia, loro comunque ci credono. Ma, in fondo, la fede (in qualunque campo) è un salto nel buio, come diceva Schopenhauer. Anche se in questo caso, cambierei la citazione in “salto nella cecità”, ma comunque a ognuno il suo.
Perciò approvo e apprezzo davvero tanto che l'autore abbia toccato diversi temi “spinosi” per la Chiesa, talmente attuali.
Nonostante le favorevoli impressioni espresse finora, avrei comunque qualche critica da sottoporre ma sono più che altro quisquilie e scelte editoriali, per i quali l'autore ha colpa per metà.
La prima riguarda la trama stessa. Ho affermato all'inizio di essere rimasto gradevolmente colpito dal romanzo e di aver trovato la storia affascinante: infatti è così, però non posso non pensare che sarebbe stato altrettanto interessante leggere un sequel de Il debito. Ne I figli di Dio non si trovano molti riferimenti al precedente e quelli sporadici hanno solamente la finalità di contestualizzare le tesi e il pensiero dei personaggi con cui Donovan si trova a che fare. Sarebbe stato interessante invece se nei primi capitoli Mr. Cooper avesse continuato la storia de Il debito, magari descrivendo cosa sia avvenuto nei giorni e mesi immediatamente successivi alla fine, analizzando la situazione in Vaticano, nei fedeli o anche a livello mondiale. Insomma qualsiasi cosa che potesse fungere da chiusura con la precedente vicenda e da continuazione o incipit con quella dell'attuale opera. Li avrei trovati molto più entusiasmanti e adeguati, che per esempio il capitolo sullo scavo in Turchia. Tranquillo lettore, è il secondo capitolo quindi non ti sto rovinando alcuna sorpresa e soprattutto non ha nulla a che fare con l'intera storia. Un'aggiunta in tal senso avrebbe certamente aiutato anche con certe scene descritte nel romanzo, che mi sono apparse confuse e non contestualizzate: per esempio la riduzione di fedeli in piazza San Pietro. Non si capisce bene a cosa sia dovuto questo calo e solo ipotizzando si può ricollegarlo con le decisioni prese nel libro precedente; ma magari non è così. Ecco in quest'ottica, uno o due capitoli introduttivi che proseguissero con la storia de Il debito sarebbero stati d'aiuto.
Un altro elemento che non mi ha particolarmente colpito è stata la fine, cioè proprio le ultime righe del libro, che ovviamente non anticiperò. Forse mi contraddirò ma da un lato l'ho trovata un po' vaga, un po' “insipida”, anche tronca oserei dire perché ti lascia lì basito ad attendere di sapere come continua ciò che sta accadendo; dall'altro invece non mi è piaciuta in quanto non si tratta di un finale aperto e non suggerisce alcuna anticipazione.
Infine la critica più grande la rivolgo alla casa editrice Nord e alla traduttrice Barbara Ronca o a all'editore che ha seguito la pubblicazione. Anche in questo caso, come per il precedente e altri libri di altri autori, non approvo e anzi sono totalmente contrario all'inserimento di frasi o parole troppo evocative sulla copertina, che uccidono la sorpresa dando informazioni fin troppo esplicite (nota personale: il quadro di Antonello da Messina proprio non mi piace). Questo discorso vale sia per i sottotitoli e i soprattitoli (penso si definiscano così quelle indicazioni presenti sopra al titolo di un'opera; ammetto l'ignoranza e me ne scuso), che anche per il titolo stesso a volte (a tal proposito pure quello originale inglese non lascia molto adito alla fantasia). In questo caso se il grafico si fosse limitato ad apporre solo l'intestazione, la recensione de La Repubblica e il logo della casa editrice avrebbe di certo fatto un lavoro migliore. E ribadirò sempre questa tesi, perché non è giusto che un autore passi mesi a scrivere e creare una storia con una certa suspence e con un po' di mistero, per poi vederli andare in fumo in due secondi per colpa del grafico o dell'editore! Non lo trovo corretto. Fortuna che la fretta di cominciare non mi ha fatto guardare attentamente la copertina, sennò mi rovinavo la sorpresa. Vabbè che comunque, a onor del vero, già dal capitolo 7 qualche dubbio e qualche intuizione su come fossero andate le cose l'ho avuta (e la conferma mi è giunta con il 22, grazie anche alla visione di una nota serie tv), ma in ogni caso non approvo queste scelte editoriali.
Queste sono in definitiva le critiche e le impressioni generali che ho avuto durante e dopo la lettura del romanzo. Ci sono altri aspetti della storia che non mi convincono, tipo la scelta dell'autore di dare una delucidazione su Aquino e non su Riordan (forse perché l'ambientazione offriva più spunti alla fantasia, boh!), ma sono piccolezze stilistiche che differiscono da lettore a lettore. Aggiungo solo che anche in questo romanzo sono presenti alcuni riferimenti storici (❤️), però si tratta di pillole inserite giusto per istruire quel lettore che non conosce o non ricorda gli avvenimenti descritti. Ecco, invece una nota a margine della traduttrice su sigle scientifiche e ingegneristiche non sarebbe dispiaciuta.
Consiglio questo libro? ASSOLUTAMENTE … sì, ovvio! Questo bisogna proprio leggerlo perché forse aiuta ai più ad aprire un po' la mente e in ogni caso perché si tratta di una bella storia.
Alla prossima, forse, con Il sigillo del Cielo che non sarà un sequel del presente.
Ciao!
APPENDICE: CONSIDERAZIONI SU TEMI PRESENTI NEL LIBRO (attenzione possibili spoiler)
Glenn Cooper, in questo libro, ha inserito degli aspetti e dei temi tanto scientifici che religiosi e le spiegazioni scientifiche mi hanno portato a delle conclusioni che in parte già possedevo, ma sopratutto mi hanno fatto ragionare sul perché la gente (specialmente i letterati) non ci sia ancora arrivata.
NB: Questo però non si significa che l'autore la pensi così; sia chiaro!
Le considerazioni in proposito riguardano due conversazioni che Cal Donovan intrattiene con due personaggi: la prima è la spiegazione della partenogenesi fornita da Jessica, la seconda invece le riflessioni sul concepimento delle ragazze avuta col cardinale Da Silva, a seguito della prima. È interessante come Mr. Cooper abbia centrato il problema di fondo nel dialogo religione-scienza nonché la cecità dei credenti, anche studiosi: per quanto la scienza possa dimostrare a chiare lettere che senza il seme maschile non possa esserci concepimento (infatti non è possibile la partenogenesi nell'uomo e anche se fosse, la donna potrebbe solo trasmettere i propri cromosomi e quindi potrebbe partorire solo donne), i credenti continueranno comunque a pensare che Maria di Nazareth sia stata davvero inseminata dallo Spirito Santo, cioè dal vento. (Che poi questa sia un'immagine presa spudoratamente dalla mitologia greco-romana e che un qualunque parallelismo sia visto come eresia, è un'ipocrisia che non starò qui a discutere.) Inoltre ha evidenziato proprio l'ingenua ipocrisia degli officianti. Difatti al momento della notizia del concepimento verginale, il Vaticano afferma subito che quella storia sia una farsa. È quindi completamente convinto che le tre Marie siano una truffa e non siano davvero state concepite dallo Spirito Santo e, anzi, fa di tutto per dimostrarlo. È buffo perché, ipotizzando che ciò avvenisse davvero nel mondo reale, la reazione della Santa Sede sarebbe un'ipocrisia bella è buona (d'altronde non ci si può aspettare altro dalla Chiesa): credere alla storia di Maria inseminata da un vento che conterrebbe DNA maschile sì, ma un concepimento verginale al giorno d'oggi no? Perché? Perché siamo immersi in un mondo tecnologico? E soprattuto basandosi su cosa poi? Su un testo che è un'allegoria? Un po' (tanto) falso direi.
Questa è l'impressione avuta leggendo il romanzo: ossia che il cardinal da Silva, pur avendo le prove che la partenogenesi non sia possibile e che l'aria non possa contenere DNA, sia comunque convinto del miracolo della Vergine. Capisci bene, caro lettore, che a rigor di logica il concepimento di Maria non può essere davvero avvenuto tramite respirazione o infusione di calore. Non è detto però che non si possa comunque crederci, basterebbe umanizzare lo S.S. e tutto troverebbe un senso, forse; peccato solo che assomiglierebbe a una delle tante scappatelle di Zeus e quindi sarebbe troppo pagana la visione della Vergine che rimane incinta di un altro uomo! Sia mai!
È interessante però che Cooper abbia sollevato il problema: se avessimo il DNA di Gesù e di Maria cosa vedremmo? Ammesso che coinciderebbe con quello di Maria, chi sarebbe il padre?
Lasciando da parte questa tematica, mi son sempre stupito di come possano gli uomini di scienza svegliarsi la mattina e pensare che una donna sia davvero rimasta incinta senza fare sesso 2000 e rotti anni fa; senza poi la fecondazione artificiale. Eppure, proprio gli storici miei “colleghi” dovrebbero essere i primi a rendersi conto di questa impossibilità o quanto meno del fatto che Cristo debba aver avuto un padre biologico dalle fattezze reali fisiche e non puro vento. Basterebbe imprimersi a fuoco nella mente una sola fonte, in cui è scritto tutto ciò che serve sapere: il resoconto del Concilio di Nicea del 325 (descritto nel libro, per altro).
Durante quell'assemblea FU STABILITO, ossia CONCORDATO a tavolino dopo svariate dispute e molti litigi, che Gesù fosse figlio di Dio e fosse lui stesso un dio. Cosa significa questo? Che 300 anni dopo la sua (presunta) morte, è stato stabilito da gente che non era presente che lui avesse ANCHE natura divina e non solo umana/carnale. Quindi fino a quel momento Gesù era un uomo come tutti gli altri, che amava, viveva ecc ecc.. e come tale da qualcuno doveva pur nascere.
Fu proprio in quel Concilio che la Chiesa iniziò a separarsi, venendosi a formare due correnti di pensiero: da un lato i cattolici e dall'altro gli ortodossi, i quali credono infatti che Cristo non sia consustanziale al Padre ma sia a pari livello dello Spirito Santo. Poi lo scisma definito avvenne nel 1054.