Un Made in Italy che ha fatto scuola!
Forse tu caro lettore/trice mi giudicherai prevenuto, ma dopo aver visto le nefandezze commesse da mamma RAI con I Medici e aver assistito a cosa significa dare in mano a gente avvezza allo storcimento della realtà, il compito di narrare la nostra Storia, direi che ho abbastanza motivi per evitarla come la morte. Perciò ti consiglio, nel caso fossi interessato a indagare sulla vita e personalità di questo nostro grande genio, di guardare questo prodotto.
La vita di Leonardo Da Vinci fu girato in un formato e con un tipo di narrazione insoliti per i tempi (nostri e di allora): da un lato rassomiglia a una serie TV, giacché è suddivisa in 5 episodi della durata di un'ora circa; dall'altro invece ci ricorda le puntate di Ulisse, il fortunatissimo e spettacolare programma condotto da Alberto Angela. Questo perché lo spettatore si trova saltuariamente a dialogare con un narratore in carne e ossa, qui nella persona di Giulio Bosetti, che ci accompagna nella vita dell'illustre letterato fin dall'inizio. Pertanto, cosa assai inusuale per l'epoca, il regista Renato Castellani ha applicato la tecnica della “rottura della quarta parete”, facendo coinvolgere il narratore sia nella scena e nel contesto descritto, sia entrando in contatto con le comparse, ma mai con il protagonista. Un espediente innovativo che rende questo prodotto affascinante e attuale.
Giulio Bosetti però non si limita a parlare con lo spettatore; gli comunica anche aneddoti e arricchisce il racconto leggendo aforismi e memorie scritte dallo stesso Leonardo nei suoi codici (il codice era l'insieme degli scritti, non ancora rilegati), di cui il regista si serve spesso quale introduzione delle nuove sequenze. In questo modo noi astanti entriamo nel vivo del racconto e impariamo anche qualcosa di nuovo. Si può quindi dire che non siamo di fronte a una serie come la intendiamo oggi, con una narrazione continua magari riempita da episodi e fatti inventati di sana pianta e/o rimodellati a piacimento dai creatori. Niente di tutto questo. Qui il regista, che è anche sceneggiatore, si è basato fedelmente sull'opera omnia di Giorgio Vasari Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori, la quale però non viene presa come verità assoluta: infatti grazie anche alla consulenza di tecnici quali Giovanni Leto e Cesare Brandi, lo sceneggiato evidenzia e contesta gli errori che il Vasari commise nella stesura. Purtroppo però, anche il regista ha commesso qualche “sbavatura” storica: per esempio si dice nella prima puntata, che a Firenze il Verrocchio iniziò a lavorare al monumento del Colleoni quando Leonardo aveva già 30 anni; in realtà esso fu cominciato nel 1480, quando il genio di anni ne aveva 28 e non avvenne nella Repubblica fiorentina bensì a Venezia. Anche l'esecuzione di Bernardo Baroncelli risulta errata, in quanto venne girata all'interno del Bargello; invece l'assassino fu impiccato a una finestra di Palazzo Vecchio sull'antistante piazza. Accanto a questi errori storici ve ne sono altri di natura cinematografica, quali i repentini cambi d'aspetto di qualche personaggio tra una scena e l'altra o la rimozione di elementi scenografici (es: vediamo un mulo con i bagagli, che poi nell'inquadratura successiva sparisce inspiegabilmente). Malgrado ciò, si tratta di quisquilie, se paragonate agli enormi strafalcioni visti ne I Medici!
Renato Castellani quindi si è dimostrato impeccabile sia come regista sia come sceneggiatore; ma il suo successo è dovuto anche ai favolosi e attinenti costumi di Ezio Frigerio, nonché alla collaborazione con un musicista eccezionale quale fu Roman Vlad. Al musicologo rumeno, naturalizzato italiano, compositore di variate colonne sonore per il cinema, si deve l'arrangiamento musicale della ormai nota Canzone di Leonardo, il cui testo fu scritto proprio dal genio. A interpretarla nel corso delle puntate e nella sigla finale è una giovane Ornella Vanoni. Tuttavia l'utilizzo troppo frequente della stessa melodia può risultare un po' ridondante all'orecchio dei più. Spetta a te lettore/trice il giudizio.
La punta di diamante di questo sceneggiato è, sicuramente, il cast. A prestare il volto a Leonardo è stato un impareggiabile Philippe Leroy: è riuscito a far talmente suo il personaggio, che quando si pensa all'artista rappresentato al cinema, il primo volto ad apparirci in mente è il suo. Infatti, malgrado gli innumerevoli precedenti e successivi lavori, l'attore francese è rimasto legato indissolubilmente alla figura del nostro grande genio a cui deve la fama. Sì hai letto bene, lettore/trice: francese. Prima di accusarmi di ipocrisia aggiungo che tutto il resto del cast, tralasciando qualche comparsa, è italiano; fanno eccezione: Carlos de Carvalho nei panni dello zio Francesco; Riad Gholmie in quelli di Francesco I di Francia; James Werner nel ruolo di Lorenzo di Credi e Christian de Tillière in quello di Luigi XII di Francia. A parte lo zio e l'amico Lorenzo, la scelta di due francesi per interpretare i due sovrani è confacente, al più che essi recitano anche nella propria lingua. Il resto, come detto, è interamente italiano. INTERAMENTE. TUTTO il reparto è italiano: dal regista al resto del cast (specie le figure più importanti), agli assistenti etc... Fatto curioso: all'epoca era sovente ridoppiare anche gli italiani; pertanto anche qui molti nostri attori furono doppiati, probabilmente per aggiungere l'inflessione dialettale corretta. A differenza quindi de I Medici e Leonardo, dove anche personaggi secondari importanti sono interpretati da attori stranieri, nel 1971 Castellani si affidò ai talenti nostrani benché la produzione fosse europea. Difatti La vita di Leonardo Da Vinci fu prodotta in collaborazione con l'ORTF (ex ente televisivo francese), la TVE spagnola e l'Istituto Luce, che dal 2011 è diventato Istituto Luce Cinecittà.
È lampante quindi la differenza tra le motivazioni della RAI degli anni '70 e dell'odierna RAI Fiction: all'epoca si voleva narrare la Storia italiana dandole anche un valore educativo interno al Paese (ricordo che vi erano ancora molti analfabeti tra i cittadini); oggi invece si guarda solo al mercato e al modo più facile per far soldi e farsi conoscere all'estero, anche al costo di rimettere pesantemente mano alla nostra Storia. Insomma zero dignità e zeo amor patrio oggi.
Proprio per questo succitato valore educativo, lo sceneggiato di Castellani può essere descritto come un racconto a 360 gradi della vita e della personalità di Leonardo Da Vinci, con particolare attenzione agli studi da esso condotti durante la sua straordinaria esistenza. Una nota va' però sottolineata: in questa “serie” la presunta omosessualità dell'artista è solo vagamente citata, sotto forma di accusa anonima. Scrivo presunta, perché il primo a ipotizzarne l'orientamento fu Freud a inizio Novecento, attraverso l'analisi di alcune memorie del luminare; in particolare di un sogno vagamente ricordato, che proprio l'indagine del psicoanalista austriaco ha reso famoso.
Il motivo è da ricercarsi nell'analisi del contesto storico-sociale in cui versava l'Italia in quegli anni, quando la religione la faceva ancora da padrona ed era attiva e imperante la Buon Costume. In breve: parlare di omosessualità era quasi un'eresia. TUTTAVIA e lo rimarco, apprezzo che sia andata così perché non c'è quella pressante ostentazione e rivendicazione che, son totalmente sicuro, sarà presente invece nella nuova serie. Ne sono certo, perché ormai l'omosessualità è diventata, al pari del sesso, un “prodotto” che vende bene e che attira molta attenzione perché genera scalpore. Ma anche in questo caso, la decisione è giustificati dal tempo. Nello sceneggiato di Castellani invece ho apprezzato la sua inesistenza, perché reputo che l'intento del regista sia stato quello di concentrarsi sulla figura dell'uomo, dell'artista, ossia del genio che ha contribuito a espandere lo scibile umano, contribuendo in maniera preponderante allo sviluppo del sapere a livello europeo e mondiale. In breve: davanti a tanto talento e inventiva, l'orientamento sessuale della persona è ininfluente. Anzi, nullo.
Se vuoi quindi vedere e imparare qualcosa di utile su quest'uomo, che ha precorso i tempi in qualsiasi campo della conoscenza, guarda questo sceneggiato e lascia perdere quello di Rai Fiction. In caso contrario, tanto vale che guardi The Da Vinci's Demons, una serie interamente statunitense che ha stravolto non solo la sua vita ma proprio il personaggio in sé.
Buona visione!