Il libro di cui sto per trattare si intitola L'occhio di dio dello scrittore romano Giulio Leoni, pubblicato da Nord nel 2015 e da Tea nel 2016.
La storia è ambientata tra Venezia e la città stellata di Palmanova (UD) nei primi anni del Seicento, allorché la fortezza friulana era in fase di completamento. A supervisionare la costruzione e verificare la corretta esecuzione dei progetti viene inviato il famoso scienziato Galileo Galilei. L'interesse del fisico è però occupato da mesi dal volto di una donna e dall'oggetto misterioso che gli mostrò a Padova: un idolo proveniente dalle Americhe in grado di rintracciare i nemici già da una notevole distanza. Ossessionato dal marchingegno, Galilei cercherà disperatamente di replicarlo per capirne le leggi che lo governano e creare un'arma invincibile che la Serenissima pretenderà di adottare, in vista di una rinnovata guerra contro la Sublime Porta.
Allora, cosa dire di questo romanzo. Beh per farla breve non mi ha entusiasmato: mi ha fatto molto piacere che finalmente qualcuno abbia scelto la Palmanova seicentesca quale soggetto per un libro, tuttavia manca di attrattiva, di suspance... di pepe. Anche la trama risulta confusa e in certi casi abbozzata: innanzitutto la continua misteriosità della donna, la quale non fornisce mai risposte ed è sfuggevole, non trova conclusione. Va bene che ci sia del mistero, ma alla fine bisogna tirare le redini e dare delle spiegazioni; non si può lasciare il lettore nel dubbio. Questa è suspance negativa, che non invoglia la lettura bensì aumenta lo sconforto (e il nervosismo). A ciò si aggiunge la disputa politica ambientata nelle sale del potere di Venezia: ci sta che ci sia un background storico (o pseudo-storico), che dia delle informazioni subliminali sulla storia passata, però anche in questo caso andava approfondita o almeno terminata. Tutto il discorso del Contarini nella parte finale non trova sbocco; il personaggio afferma di incaricarsi dei problemi insorti, eppure non viene descritto né il come né il cosa succederà.
Questa incertezza e pressapochismo li ho riscontrati anche nella presenza di personaggi secondari e di elementi narrativi integrativi, come l'assassinio. Per quanto riguarda i primi sono talmente insignificanti e privi di peso da risultare inutili nel racconto; infatti il loro capitolo può essere eliminato che la storia non cambierebbe di molto. Nel secondo caso, lo scrittore ha preferito concentrarsi sulla descrizione delle azioni, con dovizia di particolari, dimenticandosi però di svelare il colpevole riallacciando così l'episodio con la trama. Per fare un esempio banale, è come se venisse costruita una nuova stazione ferroviaria con tanto di binari, ma non la si collegasse con la rete principale. Caro Leoni, se non svela chi è l'assassinio e in che rapporti è con i personaggi della storia, a che serve parlarne???
Per quanto riguarda l'ambientazione, il romanzo manca di caratterizzazione specialmente in merito alla città di Palmanova e dei palazzi governativi di Venezia. Sebbene fosse ancora in fase di sviluppo, la “città stellata” poteva essere descritta in maniera più concreta e particolareggiata, così come le aule veneziane che sono ricche di quadri, arazzi e oggetti d'arte unici al mondo. Diciamo che il materiale c'è, basta solo usarlo. Cosa non attuata dallo scrittore.
Le ultime due critiche e note dolenti sono di natura prettamente stilistica e strutturale. Innanzitutto reputo il sottotitolo del romanzo (“Il futuro della Cristianità...”) fuorviante ed esagerato, perché di fatto non è in pericolo né la fede cristiana né tantomeno il papato; semmai la minaccia concerne Venezia, che si sa essere una città tollerante quasi atea. Inoltre parlare di “cristianità” è del tutto errato visto che nel testo si citano i luterani e per quanto considerati eretici, erano comunque cristiani. Oltre ciò è paradossale (nonchè un tantino presuntuoso) la scelta di definire l'autore come “maestro del thriller storico” per poi leggere una storia del genere con tali “difetti” e con degli incipit ai capitoli così grezzi. Sebbene a volte questi rasentino la puntigliosità, molto spesso la loro cronologia non è ben definita. Nello specifico l'autore aggiunge delle date quando compie dei salti nel passato, però poi si dimentica di aggiornare il tempo. Oltretutto appaiono abbozzati, come se fossero scritti di getto: secondo me è brutto passare da introduzioni interessanti come «Venezia, riunione del Maggior Consiglio (…), estate del 1605» a «Di nuovo nella villa padovana di Sagredo, estate del 1605» oppure «Da qualche parte nella città». Ecco, a mio avviso un minimo di fantasia e di attenzione in più ci poteva stare, perché frasi di questo tipo non è da “maestri”. Senza offesa naturalmente, signor Leoni!
Tirando le conclusioni, se dovessero chiedermi di consigliare un romanzo direi che questo non rientrerebbe nella lista. Sono rimasto deluso, come ho già detto, perché avevo alte aspettative che purtroppo sono state disattese. Magari questo libro rappresenta solo una mela marcia dell'intero raccolto e mi auguro che il ciclo di Dante sia meglio sotto tutti gli aspetti.
Buona lettura e a presto!
Allora, cosa dire di questo romanzo. Beh per farla breve non mi ha entusiasmato: mi ha fatto molto piacere che finalmente qualcuno abbia scelto la Palmanova seicentesca quale soggetto per un libro, tuttavia manca di attrattiva, di suspance... di pepe. Anche la trama risulta confusa e in certi casi abbozzata: innanzitutto la continua misteriosità della donna, la quale non fornisce mai risposte ed è sfuggevole, non trova conclusione. Va bene che ci sia del mistero, ma alla fine bisogna tirare le redini e dare delle spiegazioni; non si può lasciare il lettore nel dubbio. Questa è suspance negativa, che non invoglia la lettura bensì aumenta lo sconforto (e il nervosismo). A ciò si aggiunge la disputa politica ambientata nelle sale del potere di Venezia: ci sta che ci sia un background storico (o pseudo-storico), che dia delle informazioni subliminali sulla storia passata, però anche in questo caso andava approfondita o almeno terminata. Tutto il discorso del Contarini nella parte finale non trova sbocco; il personaggio afferma di incaricarsi dei problemi insorti, eppure non viene descritto né il come né il cosa succederà.
Questa incertezza e pressapochismo li ho riscontrati anche nella presenza di personaggi secondari e di elementi narrativi integrativi, come l'assassinio. Per quanto riguarda i primi sono talmente insignificanti e privi di peso da risultare inutili nel racconto; infatti il loro capitolo può essere eliminato che la storia non cambierebbe di molto. Nel secondo caso, lo scrittore ha preferito concentrarsi sulla descrizione delle azioni, con dovizia di particolari, dimenticandosi però di svelare il colpevole riallacciando così l'episodio con la trama. Per fare un esempio banale, è come se venisse costruita una nuova stazione ferroviaria con tanto di binari, ma non la si collegasse con la rete principale. Caro Leoni, se non svela chi è l'assassinio e in che rapporti è con i personaggi della storia, a che serve parlarne???
Per quanto riguarda l'ambientazione, il romanzo manca di caratterizzazione specialmente in merito alla città di Palmanova e dei palazzi governativi di Venezia. Sebbene fosse ancora in fase di sviluppo, la “città stellata” poteva essere descritta in maniera più concreta e particolareggiata, così come le aule veneziane che sono ricche di quadri, arazzi e oggetti d'arte unici al mondo. Diciamo che il materiale c'è, basta solo usarlo. Cosa non attuata dallo scrittore.
Le ultime due critiche e note dolenti sono di natura prettamente stilistica e strutturale. Innanzitutto reputo il sottotitolo del romanzo (“Il futuro della Cristianità...”) fuorviante ed esagerato, perché di fatto non è in pericolo né la fede cristiana né tantomeno il papato; semmai la minaccia concerne Venezia, che si sa essere una città tollerante quasi atea. Inoltre parlare di “cristianità” è del tutto errato visto che nel testo si citano i luterani e per quanto considerati eretici, erano comunque cristiani. Oltre ciò è paradossale (nonchè un tantino presuntuoso) la scelta di definire l'autore come “maestro del thriller storico” per poi leggere una storia del genere con tali “difetti” e con degli incipit ai capitoli così grezzi. Sebbene a volte questi rasentino la puntigliosità, molto spesso la loro cronologia non è ben definita. Nello specifico l'autore aggiunge delle date quando compie dei salti nel passato, però poi si dimentica di aggiornare il tempo. Oltretutto appaiono abbozzati, come se fossero scritti di getto: secondo me è brutto passare da introduzioni interessanti come «Venezia, riunione del Maggior Consiglio (…), estate del 1605» a «Di nuovo nella villa padovana di Sagredo, estate del 1605» oppure «Da qualche parte nella città». Ecco, a mio avviso un minimo di fantasia e di attenzione in più ci poteva stare, perché frasi di questo tipo non è da “maestri”. Senza offesa naturalmente, signor Leoni!
Tirando le conclusioni, se dovessero chiedermi di consigliare un romanzo direi che questo non rientrerebbe nella lista. Sono rimasto deluso, come ho già detto, perché avevo alte aspettative che purtroppo sono state disattese. Magari questo libro rappresenta solo una mela marcia dell'intero raccolto e mi auguro che il ciclo di Dante sia meglio sotto tutti gli aspetti.
Buona lettura e a presto!
Aggiornamento: modificata l'impaginazione. (Aggiornato il 22/12/2020)