La recensione che leggerai di seguito, caro lettore, è diversa dalle precedenti; non solo, ovviamente per il contenuto, ma anche per la sua forma. Difatti La cattedrale dei morti non è un romanzo, bensì una raccolta di tre mini racconti incentrati su un unico personaggio: Vitale Federici. Difatti il sottotitolo è: Le indagini di Vitale Federici.
Essendo quindi storie di poche pagine, ho deciso di raggrupparle in un'unica recensione; ma distinguendole. Pertanto leggerai tre trame diverse e i relativi commenti. Quindi all'opera!
- I sotterranei della cattedrale
Trama:
Urbino, 1789. Vitale Federici è un giovane laureato dell'università, in procinto di terminare la tesi di dottorato quando la sua vita e la sua carriera vengono sconvolti. Il suo maestro e relatore, padre Lamberti, viene rinvenuto morto nella cattedrale apparentemente a causa di un tragico incidente. Il suo ingegno e la propria acutezza porteranno però il laureato a riconsiderare la situazione e a indagare sulla scomparsa del proprio mentore, finendo coinvolto in una scia di assassinii volti a nascondere un interessante e mitologico ritrovamento.
Al di là di alcuni errori stilistico-ortografico dovuti al ridimensionamento del formato, questo primo racconto mi ha entusiasmato, ma mi ha anche lasciato un certo amaro in bocca. Le ragioni sono principalmente due: la storia troppo veloce e la confusione descrittiva di alcuni passi. Per quanto concerne il primo caso la trama, dall'inizio dell'avventura fino alla sua conclusione, viene sviluppata troppo frettolosamente pur, però, instillando una buona dose di mistero e interesse. Cioè detto in soldoni: la storia è tanto bella da essere un peccato che si sviluppi in poche pagine. Anche il lasso crono-storico è troppo breve e in alcuni casi confusionario: dalla lettura sembrerebbe che la vicenda si svolga nel giro di vari giorni invece, secondo quanto scritto dall'autore, tutto si conclude in quarantotto ore. Ma qui, forse, lo scrittore si sbaglia perché tenendo conto, per quanto possibile, del ciclo diurno/notturno in teoria le giornate dovrebbero essere minimo tre o quattro. Fattore temporale a parte, questa “fretta” che si scorge leggendo mi ha colto impreparato soprattutto per l'abitudine ad avventure molto lunghe, come quelle di Dan Brown e Glenn Cooper.
Il secondo motivo invece lo implico a una disattenzione dell'autore. La confusione descrittiva di cui parlo, riguarda principalmente due passi: il primo è una descrizione di un alterco, l'altra è una spiegazione musicale. Per uno poco esperto in tecnica musicale come il sottoscritto, è risultato difficile capire e seguire il ragionamento dell'autore e pertanto mi sono fatto aiutare da chi, invece, di musica ci vive; mi hanno chiarito come il suddetto passo sia stato “spiegato abbastanza male” (testuali parole). Perciò un'aggiustatina sarebbe l'ideale, magari con qualche nota integrativa. Per quanto riguarda l'alterco invece, beh si tratta di una “contraddizione” logico-cognitiva, diciamo così. Faccio un esempio: se foste al buio con una torcia e qualcuno vi afferrasse una parte del corpo, istintivamente puntereste la torcia sull'arto e poi proseguireste per cercare il volto; perciò se vi prendessero il braccio, alzereste il fascio di luce verso l'alto, se invece fosse la gamba, lo abbassereste. Risulta quindi contraddittorio il comportamento di una persona che viene afferrata per una gamba, ma punta la luce verso l'alto; non ha molto senso, soprattutto in relazione alla personalità del soggetto in questione.
Ecco magari per te lettore saranno sciocchezze, ma al fine della narrativa, certi elementi dovrebbero essere rivisti e pensati con più attenzioni.
Oltre ciò, come ho già detto, la trama è molto accattivante. Se fosse approfondita e alcune descrizioni fossero più esplicitate e meno taciute, sarebbe anzi perfetta. Certo, ci sarebbe ancora una piccoliiiiisssima obiezione da fare, ma con un grave peso morale.
Simoni ambienta il racconto nel 1789, per la precisione in febbraio. Ora, l'anno porta subito alla mente la Rivoluzione Francese e difatti Simoni ne fa cenno parlando di “moti rivoluzionari del popolo francese”. Per una persona che si è così tanto prodigata a rimanere quanto più fedele alla realtà storica (vedi la n.d.a. finale), un simile errore è perdonabile ma non concepibile. Difatti non si può parlare di moti rivoluzionari prima di luglio: si potrebbe affermare che ci furono dei disordini, degli scompigli, tafferugli, rappresaglie o casini vari, insomma si può definirli in qualsiasi modo tranne che “moti rivoluzionari”, perché una simile dicitura è anacronistica prima di luglio. Quindi, caro autore, fossi in lei correggerei.
Questo è quanto ho da dire sul primo racconto. Meriterebbe senza dubbio che venisse portato al cinema, ma con delle integrazioni.
- L'enigma del violino
Trama:
Roma, 1791. Presso il Palazzo Doria Pamphilj è una notte afosa quella in cui si risveglia, di soprassalto, Vitale Federici. Un grido squarciante l'ha riscosso dal suo sonno. Giunto sul luogo del misfatto, una scena insolita lo attende: una stanza chiusa dall'interno; un uomo completamente vestito, giacente morto sulla poltrona in un'espressione di terrore e un violino delicatamente posato sul letto ancora intatto. Un malore improvviso? O forse un assassinio? Il giovane urbinate si troverà nuovamente a dover mettere alla prova la propria acutezza, in una corsa contro il tempo per salvare la propria vita e la reputazione.
Se la storia del primo racconto l'ho definita veloce, questa a ragione dovrei classificarla come fulminea. Difatti si tratta di un'avventura snocciolata in poche pagine; talmente poche da risultare inutile raggrupparle in un capitolo. Per lo meno I sotterranei della cattedrale ne aveva ben sedici, seppur brevi. Probabilmente si è trattato di un racconto scritto di getto, che tutto sommato non dispiace; anzi, risulta coinvolgente ma con il solito retrogusto amaro ben più marcato del precedente. Possiamo infatti definire questa avventura come “quel primo capitolo di un romanzo appena abbozzato”, che non ha ancora visto la luce. Con la propria fantasia e l'interesse per la Storia, l'autore sarebbe senz'altro in grado di ampliare la trama in qualcosa di sensazionale. Chissà che non ci ritorni e non porti a compimento l'opera. Per ora, rimane uno “stuzzichino” per ammazzare il tempo.
- La prigione delle anime
Trama:
Venezia, Vigilia 1791. Richiamato nella Serenissima dall'alta magistratura, Vitale Federici si ritrova coinvolto in una misteriosa e scioccante serie di omicidi. Questa volta però viene espressamente incaricato di svolgere un'indagine su un caso che, fin dall'inizio, gli appare nebuloso ed enigmatico: due i cadaveri ritrovati, stesso modus operandi e un'insolita passione a collegarli. Per il giovane comincerà una nuova eccitante sfida, mentre tutta Venezia è in procinto di festeggiare il Natale.
La terza e ultima investigazione della raccolta ci ha portati a Venezia e, nello specifico, a fare un giro dei punti più insoliti della città. Infatti l'autore non tocca i crocevia, i monumenti e gli edifici più famosi (tranne il Palazzo Ducale) ma ci porta a percorrere rii e strade sconosciuti. Questo aspetto l'ho trovato affascinante, per quanto Simoni non approfondisca i miseri cenni storici presenti e non si spinga oltre nella peregrinazione, facendo impazzire Federici in giro per la città lagunare.
La trama di per sé è valida e intrigante e offre uno spunto per un ampliamento; non però per una continuazione, in quanto l'autore ha scelto una fine tronca. Peccato, perché sarebbe stato curioso leggere come si fosse svolta la follia del colpevole.
L'impressione generale della raccolta è incerta: da un lato, come si evince dalle mini “recensioni”, le storie sono buone e stuzzicano l'interesse del lettore; dall'altro il fatto che siano dei racconti, le rende tronche e “amare”. Le definirei (come già detto) dei romanzi appena abbozzati, perché diversamente da altri racconti letti, qui la fine è una “non fine”. Leggere l'epilogo ti lascia un senso di amarezza e di incompletezza; il lettore infatti è portato a sperare di leggere ancora, di scoprire altri particolari e dettagli anche agghiaccianti sull'indagine in corso. Questo lo si percepisce in modo evidente ne L'enigma del violino, dove la fine è proprio recisa; se l'autore avesse scritto “e così Vitale Federici andò a dormire. Fine”, l'effetto sarebbe stato lo stesso (esagerazione voluta).
Oltre ciò i tre racconti hanno un collegamento molto labile, appena delineato: Simoni si è limitato semplicemente a usare un nome per legarli e questo contribuisce a “destabilizzare” la raccolta e a rendere vano il titolo. Difatti consiglierei all'editore di modificarlo perché, come vedrete leggendo, La cattedrale dei morti non racchiude né accomuna le tre storie; è totalmente fuorviante. Sarebbe stato più indicativo usare semplicemente il sottotitolo.
Mi auguro e spero vivamente che l'autore possa tornare a rimetterci mano su questi testi, ampliandoli, perché altrimenti sarebbe un'occasione sprecata.
Dunque, caro lettore, quisquilie ed errori ortografici a parte, ti consiglio di leggere questi racconti se non altro per passare il tempo durante un viaggio in treno o durante lunghe attese. Ti rapiranno.
Questo è quanto! Alla prossima!
Aggiornamento: Al testo sono state aggiunge le recensioni del secondo e terzo racconto (Aggiornato il 17/9 e 20/9).Aggiornamento 2: modificata l'impaginazione. (Aggiornato il 22/12/2020)