Dear boys and girls, siamo giunti al capitolo finale. Con Il sangue dell'Olimpo si conclude infatti la saga Eroi dell'Olimpo di Rick Riordan, che vi ho “recensito” in queste settimane. Come di consueto iniziamo dalla trama.
Mentre Reyna, Nico e il satiro Hedge iniziano il loro viaggio di ritorno a casa con l'Athena Parthenos, i Sette si dirigono verso Atene dove gli attende Porfirio assieme ai suoi fratelli giganti per risvegliare la Madre Terra. Il primo agosto ormai è alle porte e una misteriosa cura deve essere trovata per potersi salvare dai mostri. Riusciranno i sette semidei nell'impresa, mentre nel Campo Mezzosangue cresce la minaccia di una guerra civile?
La mia opinione su questo romanzo non si discosta molto dalle precedenti: la storia di per sé è bella, ha uno sviluppo interessante eppure manca di pathos e di dettagli. Inoltre, anche in questo caso la maggior parte delle critiche riguardano le descrizioni, sia di ambientazioni reali sia dei personaggi. Scinderò, come ho già fatto altre volte, i pro dai contro e siccome devo fare nomi, altrimenti non si capirebbe, metto l'avviso...
La mia opinione su questo romanzo non si discosta molto dalle precedenti: la storia di per sé è bella, ha uno sviluppo interessante eppure manca di pathos e di dettagli. Inoltre, anche in questo caso la maggior parte delle critiche riguardano le descrizioni, sia di ambientazioni reali sia dei personaggi. Scinderò, come ho già fatto altre volte, i pro dai contro e siccome devo fare nomi, altrimenti non si capirebbe, metto l'avviso...
MODALITÀ SPOILER – ATTIVA –
PRO
Innanzitutto ho nuovamente apprezzato molto l'introduzione di personaggi di secondo piano nella mitologia greca. Tale aspetto era già presente anche negli altri romanzi e devo ammettere che è sempre bello quando sbuca fuori gente nuova che ravviva una storia. La sfida sta nel saperli integrare e sviluppare; un po' come quando si attizza il fuoco. Da questo punto di vista Riordan è riuscito a compiere metà del lavoro: le nuove apparizioni sono solamente delle rapide vampate. Ciò lo si vede con Artemide oppure con Asclepio. Tuttavia, questa divinità costituisce un'eccezione: la sua presenza mi garba (come direbbero i toscani) sia per come è stato descritto che per il modo e il luogo in cui appare; però il tutto si svolge in qualche paragrafo e nulla più. Un'altra figura che mi è piaciuta è Cimopolea: la sua rappresentazione è naturalmente inventata (non esistono sue descrizioni ed Esiodo la menziona solamente), ma l'autore ha saputo attirare la mia attenzione con la sua fantasia anche perché, lo confesso, non ne avevo mai sentito parlare, sebbene abbia letto la Teogonia di Esiodo.
Ciononostante la sequenza che mi ha affascinato maggiormente è stato l'incontro con Nike. Magari, ecco, l'unica pecca è la sbadataggine dello scrittore. Qua e là nel libro, Riordan infatti crea delle immagini anche affascinanti che però non sviluppa o si dimentica di “chiudere”: esempio stupidissimo, un corvo da nero viene trasformato in rosa e qualche riga dopo viene descritto come se fosse stato sempre nero. Naturalmente è un esempio che ho inventato sul momento; non c'è nel testo. Anche nel caso di Nike si presenta lo stesso problema che affronterò in seguito.
Un'altra sequenza interessante è la fine; non intendo lo scontro finale, ma proprio la fine del libro, l'ultimo capitolo. Niente paura! Non ve lo svelo, mi limito a dirvi che è inaspettato e piacevole.
CONTRO
I contro sono notevolmente maggiori. Innanzitutto mi devo ripetere per un'ultima volta: Riordan anche nel romanzo finale non si è smentito e ha voluto concentrarsi sul viaggio e sulle avventure intermedie, piuttosto che sullo scontro finale. Perciò se siete rimasti delusi anche voi, benvenuti nel club. Detto questo, ci sono talmente tante critiche da sollevare che non so da dove iniziare.
Beh riprendiamo la figura di Nike. Al suo fianco, lo scrittore fa comparire la Vittoria (la sua controparte romana) e dopo qualche effimera battuta iniziale, la dea sparisce... volatilizzata. È come se fosse diventata afona, c'è ma non parla; non si sa che fine faccia. Infatti qualche paragrafo più avanti eccola riapparire con giusto tre parole. Questo è il problema che menzionavo poco sopra. Riordan aggiunge elementi (in tal caso personaggi) di cui poi non si ricorda e fa proseguire la storia come se nulla fosse. Personalmente lo trovo snervante perché pone diversi interrogativi. Questa disattenzione la si ritrova anche nei riferimenti ad altre comparse nei libri precedenti (per esempio in La Casa di Ade confonde il nome dell'assistente del padre di Piper) o perfino alla serie madre. Finchè sono minuzie, ci si può anche passare sopra; ma quando viene stravolta la storia la cosa si complica. Nello specifico mi riferisco alle impressioni di Nico sulla propria Casa (in calce troverete tutto esplicito). E a proposito del tenebroso, l'autore non ha saputo cogliere, o meglio non ha voluto, l'opportunità di sviluppare meglio la “conclusione” finale dell'avventura di Nico e così la sorpresa che uno può attendersi, non c'è. Un vero peccato.
La critica maggiore però la rivolgo all'attenzione data alla statua e alla minaccia di Gea e dei suoi figli: in entrambi i casi Riordan ha montato per pagine e pagine (perché con la prima va avanti da Il marchio di Atena, mentre il secondo dall'inizio della saga) la suspance e le aspettative dei lettori per poi sgonfiarle in pochi paragrafi. Tanto casino per nulla! A questo punto mi fermo: sebbene abbia avvisato della presenza di possibili spoiler, non voglio rovinare del tutto la lettura, dato che comunque queste anticipazioni sono tanto “lievi” da non sconvolgere il lettore (almeno credo). Aggiungo solamente che lo scontro, in particolare, è molto frettoloso e confuso, tanto quello con i giganti che quello con Gea. Ma non è una novità con Riordan. Avrei di lunga preferito che lo scrittore impegnasse le sue energie per rappresentare qualcosa di più avvincente ed emozionante, anziché soffermarsi su stupidi viaggi mentali sul futuro che potevano benissimo essere evitati. Nel caso voleste scoprire qualcosa di più, in calce esprimerò le mie impressioni in maniera esplicita (come sempre evidenziate i punti).
Oltre a queste impressioni che sono per lo più generiche, non ho molto altro da dirvi. Probabilmente farò un riassunto generale in cui esporrò palesemente le mie opinioni sull'intera serie, e per tal motivo sarà rivolto sopratutto verso chi ha già letto i romanzi.
Per adesso è tutto!
Buona lettura!
PS: Riordan, parlando di un personaggio mitologico, lo descrive come un gul (ghoul). Tale creatura non fa parte della mitologia greca, bensì di quella araba. Perciò non ci azzecca nulla col contesto. (Aggiunto l'8/9)
Spoiler errori:
Innanzitutto ho nuovamente apprezzato molto l'introduzione di personaggi di secondo piano nella mitologia greca. Tale aspetto era già presente anche negli altri romanzi e devo ammettere che è sempre bello quando sbuca fuori gente nuova che ravviva una storia. La sfida sta nel saperli integrare e sviluppare; un po' come quando si attizza il fuoco. Da questo punto di vista Riordan è riuscito a compiere metà del lavoro: le nuove apparizioni sono solamente delle rapide vampate. Ciò lo si vede con Artemide oppure con Asclepio. Tuttavia, questa divinità costituisce un'eccezione: la sua presenza mi garba (come direbbero i toscani) sia per come è stato descritto che per il modo e il luogo in cui appare; però il tutto si svolge in qualche paragrafo e nulla più. Un'altra figura che mi è piaciuta è Cimopolea: la sua rappresentazione è naturalmente inventata (non esistono sue descrizioni ed Esiodo la menziona solamente), ma l'autore ha saputo attirare la mia attenzione con la sua fantasia anche perché, lo confesso, non ne avevo mai sentito parlare, sebbene abbia letto la Teogonia di Esiodo.
Ciononostante la sequenza che mi ha affascinato maggiormente è stato l'incontro con Nike. Magari, ecco, l'unica pecca è la sbadataggine dello scrittore. Qua e là nel libro, Riordan infatti crea delle immagini anche affascinanti che però non sviluppa o si dimentica di “chiudere”: esempio stupidissimo, un corvo da nero viene trasformato in rosa e qualche riga dopo viene descritto come se fosse stato sempre nero. Naturalmente è un esempio che ho inventato sul momento; non c'è nel testo. Anche nel caso di Nike si presenta lo stesso problema che affronterò in seguito.
Un'altra sequenza interessante è la fine; non intendo lo scontro finale, ma proprio la fine del libro, l'ultimo capitolo. Niente paura! Non ve lo svelo, mi limito a dirvi che è inaspettato e piacevole.
CONTRO
I contro sono notevolmente maggiori. Innanzitutto mi devo ripetere per un'ultima volta: Riordan anche nel romanzo finale non si è smentito e ha voluto concentrarsi sul viaggio e sulle avventure intermedie, piuttosto che sullo scontro finale. Perciò se siete rimasti delusi anche voi, benvenuti nel club. Detto questo, ci sono talmente tante critiche da sollevare che non so da dove iniziare.
Beh riprendiamo la figura di Nike. Al suo fianco, lo scrittore fa comparire la Vittoria (la sua controparte romana) e dopo qualche effimera battuta iniziale, la dea sparisce... volatilizzata. È come se fosse diventata afona, c'è ma non parla; non si sa che fine faccia. Infatti qualche paragrafo più avanti eccola riapparire con giusto tre parole. Questo è il problema che menzionavo poco sopra. Riordan aggiunge elementi (in tal caso personaggi) di cui poi non si ricorda e fa proseguire la storia come se nulla fosse. Personalmente lo trovo snervante perché pone diversi interrogativi. Questa disattenzione la si ritrova anche nei riferimenti ad altre comparse nei libri precedenti (per esempio in La Casa di Ade confonde il nome dell'assistente del padre di Piper) o perfino alla serie madre. Finchè sono minuzie, ci si può anche passare sopra; ma quando viene stravolta la storia la cosa si complica. Nello specifico mi riferisco alle impressioni di Nico sulla propria Casa (in calce troverete tutto esplicito). E a proposito del tenebroso, l'autore non ha saputo cogliere, o meglio non ha voluto, l'opportunità di sviluppare meglio la “conclusione” finale dell'avventura di Nico e così la sorpresa che uno può attendersi, non c'è. Un vero peccato.
La critica maggiore però la rivolgo all'attenzione data alla statua e alla minaccia di Gea e dei suoi figli: in entrambi i casi Riordan ha montato per pagine e pagine (perché con la prima va avanti da Il marchio di Atena, mentre il secondo dall'inizio della saga) la suspance e le aspettative dei lettori per poi sgonfiarle in pochi paragrafi. Tanto casino per nulla! A questo punto mi fermo: sebbene abbia avvisato della presenza di possibili spoiler, non voglio rovinare del tutto la lettura, dato che comunque queste anticipazioni sono tanto “lievi” da non sconvolgere il lettore (almeno credo). Aggiungo solamente che lo scontro, in particolare, è molto frettoloso e confuso, tanto quello con i giganti che quello con Gea. Ma non è una novità con Riordan. Avrei di lunga preferito che lo scrittore impegnasse le sue energie per rappresentare qualcosa di più avvincente ed emozionante, anziché soffermarsi su stupidi viaggi mentali sul futuro che potevano benissimo essere evitati. Nel caso voleste scoprire qualcosa di più, in calce esprimerò le mie impressioni in maniera esplicita (come sempre evidenziate i punti).
Oltre a queste impressioni che sono per lo più generiche, non ho molto altro da dirvi. Probabilmente farò un riassunto generale in cui esporrò palesemente le mie opinioni sull'intera serie, e per tal motivo sarà rivolto sopratutto verso chi ha già letto i romanzi.
Per adesso è tutto!
Buona lettura!
PS: Riordan, parlando di un personaggio mitologico, lo descrive come un gul (ghoul). Tale creatura non fa parte della mitologia greca, bensì di quella araba. Perciò non ci azzecca nulla col contesto. (Aggiunto l'8/9)
Spoiler errori:
- Esempi di sbagli da distrazione (minuzie): A Jason, Asclepio prescrive occhiali con asticelle in oro imperiale, ma nei capitoli finali Riordan li descrive bronzei;
- Nico si lamenta dell'arredamento della Casa di Ade, dicendo che lui non era presente. Ma nell'ultimo capitolo de Percy Jackson e gli Dei dell'Olimpo – Lo scontro finale scrive invece: Nico si faceva aiutare da alcuni operai zombie per costruire la casa di Ade. Anche se ci avrebbe abitato da solo, prometteva bene: pareti di ossidiana massiccia con un teschio sulla porta e torce che ardevano di fuoco verde ventiquattro ore su ventiquattro. Una riletta signor Riordan non faceva male;
- Gli ordini in latino lasciano molto a desiderare. In fondo si sa che gli Americani non lo conoscono e non lo studiano decentemente, ma un aiutino da un professore si poteva chiedere;
- L'Athena Parthenos non è nulla di che: Riordan l'ha descritta come se dovesse fare miracoli e poi si limita a diffondere un raggio di luce? Ma che roba è!?! Davvero deludente;
- Lo scontro con i giganti è confuso: come fa' Piper a tagliare il polso di un gigante di 10m (quindi deve avere una larghezza di 27cm min.) con una lama che in proporzione sarebbe una spina per lui? E come fa poi a sollevare la spada di un gigante che viene descritta come una tavola da surf?;
- Idem non mi spiego come Reyna riesca ad avvolgere la vita di Orione (sempre un gigante) e il suo collo e stritolarlo. La descrizione è molto confusa e implausibile;
- Per quanto riguarda la fine di Gea, non mi soffermo perché ho trovato il suo “atteggiamento” e lo scontro con i semidei molto banale e superficiale;
- Annabeth che da' il 5 a Nico dopo la sua confessione è totalmente fuori luogo ed è da deficienti, irrealistico per altro. Tutte le donne, infatti, dopo aver sentito con le proprie orecchie una confessione d'amore di un ragazzo fatta al proprio fidanzato, sorriderebbero e sarebbero felici... tutte;
- Il legame tra Nico e Will Solance è davvero una sola! Riordan avrebbe tranquillamente potuto farla sbocciare in un bacio e invece nulla. Forse l'autore ha problemi con la comunità GLBT... mah.
Aggiornamento: modificata l'impaginazione. (Aggiornato il 22/12/2020)