Le trame vaticaniste sono tornate
Vaticano. Nove mesi dopo la situazione non è cambiata; il Cardinale di Stato Voiello (Silvio Orlando) decide di indire un nuovo conclave per eleggere il successore di Belardo. Ma chi scegliere? Un papa docile e manovrabile o uno dalla mano dura? Spunta una terza via nella persona di Sir John Brannox (John Malkovich). E mentre la Santa Sede si prepara a un nuovo pontificato, la minaccia del fondamentalismo si insinua dentro e fuori le sue mura con conseguenze tragicamente devastanti.
Diversamente dalle altre volte, ho preferito aspettare di vedere tutta la serie prima di “recensirla” così da creare un quadro generale. Beh devo dire che la prima impressione è perdurata anche durante tutti gli episodi, con qualche critica specialmente sul finire.
Tra gli elementi che ho apprezzato particolarmente vi è innanzitutto il problema del fanatismo e del fondamentalismo religioso. Sorrentino, in questo caso, ha ripreso un tema di cronaca attuale per sviluppare una storia collaterale e fornire una lezione morale ed etica al pubblico che sa recepire. Il fanatismo e la sua condanna sono infatti rappresentati in modo straordinario, dimostrando le due facce della medaglia: da un lato la folle conseguenza dell'idolatria e dall'altro il significato univoco e ferreo che solo un messaggio conciso sa trasmettere.
Entusiasmante è anche la scena del conclave. Non sto svelando troppo, caro lettore, perché alla fine è alquanto palese e logico che ci debba essere un conclave, dato che la serie si intitola Il nuovo papa. Se fosse stato sempre lo stesso, si sarebbe chiamato É tornato quello di prima. Quindi dicevo, il conclave mi ha entusiasmato perché mette a nudo possibili e altamente probabili verità: giochi di potere, screzi, compravendite di voti etc... Tra tutte le elezioni pontificie riprodotte al cinema (non ultima quello di Ron Howard in Angeli e Demoni) reputo quella di Sorrentino la più veritiera, la più simile alla realtà. Complice di ciò è innanzitutto la ricostruzione, pressoché perfetta, della Cappella Sistina e della Basilica di San Pietro; talmente somigliante che per un momento ho pensato davvero che il regista avesse richiesto le autorizzazioni necessarie al Vaticano per girare la sua serie. Ovviamente non è così, perché si sa che la Chiesa non concede mai questi permessi se non per la realizzazione di documentari artistici (vedi Meraviglie, Ulisse, Musei d'Italia ecc...). Difatti per quegli ambienti e sale che non sono stati ricostruiti fedelmente in studio, il regista ha optato per altri set, perciò se doveste andare in Vaticano scordatevi il canneto di bambù. In ogni caso tutte le location sono davvero affascinanti e singolari. La seconda ragione è, come già menzionato, la regia. Non ci sono davvero parole per descrivere il lavoro di quest'uomo, perché parla da solo. Si possono avere tutti gli attori più belli e bravi del mondo, ma senza un regista dotato che li diriga il risultato è scadente. Sorrentino, sia qui sia in The Young Pope, ha manovrato il proprio cast in maniera impeccabile, come burattini appesi a un filo e il prodotto finale è stupefacente. Certo, alcune inquadrature, alcune prospettive possono non essere apprezzate ma sono gocce in un oceano.
Essendo anche uno degli sceneggiatori, bisogna fargli i complimenti per la trama perché ha sviluppato una storia davvero interessante, che ruota tutto intorno a una domanda: cosa accadrebbe se un papa entrasse in coma? Quale sarebbe la prassi da seguire? È questo un quesito che probabilmente nessuno si è mai posto, dato che diamo per scontato che i papi eletti rimangano in carica finché campano. Difatti quando Ratzinger si è dimesso qualcuno si è stupito all'inizio, ma molti storici non l'hanno considerato un evento eccezionale perché già successo in passato. In questo frangente invece la situazione è diversa, perché lascia aperte molte possibilità.
Unica pecca della sceneggiatura è il finale: le battute sono un po' banali e deludono dopo 8 episodi, in cui tutte le parole dette sono state soppesate e selezionate con il contagocce (specialmente il discorso nel nuovo papa, così straordinariamente utopico). Insomma, mi aspettavo qualcosa di più forte, di più accattivante. Idem per quanto concerne la trama: speravo in un conflitto interno al Palazzo Apostolico che potesse dare uno spunto per una terza serie; invece Sorrentino ha preferito chiudere in maniera semplice e anche un tantino insignificante. È vero che il silenzio vale più di mille parole e che può ferire maggiormente, però un gesto autoritario e spiazzante come una sberla, sarebbe stato molto efficace e in sintonia con il personaggio.
Anche in fatto di musiche e colonne sonore Sorrentino si è superato, in particolar modo sono rimasto colpito della commistione tra la classica litania del rosario e la musica moderna (se non ricordo male pop); davvero molto suggestiva e affatto blasfema. Invece son rimasto deluso per quanto riguarda la sigla: magari la musica è anche interessante, ma le scene e la coreografia le reputo quasi a se stanti, qualcosa che non centra molto. Avrei preferito di gran lunga che avesse come protagonista il nuovo papa, che fosse concentrata sulla sua figura così come lo era quella della prima serie. Difatti dal settimo episodio l'ho rivalutata.
Concludo parlando del cast, visto che l'ho tirato in ballo nei paragrafi precedenti. È un parterre di stelle bi-continentale, scelti tra l'America del Nord e l'Europa. In sostanza non è cambiato molto rispetto alla prima serie, sono stati riconfermati quasi tutti: Jude Law nel ruolo di Lenny Belardo/Pio XIII, che già in The Young Pope ha dimostrato tutta la sua bravura e il suo talento; qui invece mette in campo la sua bonaggine. Torna Silvio Orlando nei panni del cardinale Segretario di Stato (primo ministro), così come Massimo Lombardi in quelli del cardinale Assente, su cui si possono esprimere varie opinioni ma certamente il suo personaggio è esilarante. La splendida Cécile de France riprende il ruolo di Sofia Dubois, la portavoce del Vaticano nonché responsabile del marketing, mentre Javier Cámara Rodriguez indossa nuovamente l'abito cardinalizio di Gutierrez, molto apprezzato già dalla serie precedente. Tornano anche Ludivine Sagnier (che poteva anche rimanere dov'era) e Marcello Romolo.
New entry è ovviamente John Malkovich nei panni di... no, non voglio dire il nome, dovrai scoprirlo da solo. Tutti conoscono Malkovich e in molti lo apprezzano. In una sua intervista ha detto di non conoscere le “cose papali” (riti ecc..), però bisogna ammettere che ha imparato bene e in fretta. Certo, essendo un attore non gli serve altro che imparare la propria parte, ma il modo in cui ha interpretato il proprio ruolo è spettacolare. Non si può non amarlo, così come Jude Law non potevo che odiarlo, inizialmente. Il personaggio di Malkovich è emblematico, come lo era Pio XIII, ma è anche curioso, accattivante e misterioso; ti viene voglia di conoscerlo meglio e la sua storia personale è ambigua: non si capisce mai se sia davvero lui. Due opposti, due filosofie diverse (quelli di XX e Pio XIII) e due stili di recitazione differenti (quelli di Law e Malkovich) che però, uniti, han creato un prodotto eccezionale. Altre new entry sono: Massimo Ghini nel ruolo dell'arrivista cardinal Spinetta, Antonio Petrocelli (visto ne I Cesaroni) in quello del segretario personale di Voiello, Claudio Bigagli è il Ministro dell'Economia italiana (visto in Provaci ancora prof.), Tomas Arana (Tutti pazzi per amore) è Tomas Altbruck marito di Sofia Dubois.
Vi sono poi due guest star davvero speciali; in particolare con una di queste il papa intrattiene un dialogo che oserei definire paradossalmente stupendo e... stupefacente! Ti consiglio fortemente, caro lettore, di NON andare a cercarlo su Wikipedia altrimenti ti rovineresti l'effetto sorpresa.
Non ho altro da aggiungere se non... GUARDALA! Perché è straordinaria!
Buona visione!