Un film dissacrante che vi farà ridere!
Caro lettore, prima di continuare a leggere ti chiederei di vedere il trailer. Dura solo un minuto, quindi puoi assecondare questa mia richiesta.
Bene, dopo averlo visto, se anche tu fai parte del gruppo di persone che han subito pensato “oddio no, un'altra parodia gay”, gruppo del quale lo ammetto facevo parte pure io inizialmente, allora hai torto marcio! E il bello è che questo pensiero l'ho avuto nei minuti iniziali del film. E ora lo confermo.
Il film potrebbe essere considerato una meta-parodia, perché si tratta di una (svariate) parodia nella parodia: infatti a livello generale, tutta la sua struttura e il suo stile è una scimmiottatura dello humor statunitense, di cui copia alcune gag portandole all'esagerazione. In più la trama contiene aspetti che criticano pesantemente (sotto forma di parodia appunto) la cronaca attuale e il cambiamento in negativo della società contemporanea: per es. pone una forte attenzione sulla maleducazione e l'indisciplina dei bambini e dei ragazzini nelle scuole, nonché sulla stupidità diffusa in tutto il pianeta che divampa in gravi situazioni (es: quelli che fanno i video coi telefoni mentre sta avvenendo un atto terroristico o anche solo un gesto disperato come un suicidio). Perciò il regista, che è pure sceneggiatore, ha prodotto un bel lavoro che aiuta a riflettere (per chi ovviamente ha una mente sveglia) sui nuovi “mali” del mondo e su quanto stiamo peggiorando come collettività. Oltre ciò evidenzia anche come nella comunità araba (però forse così è un po' generalizzato) l'omosessualità non sia ancora ben vista, sebbene in alcune zone sia almeno tollerata. Ciò viene dimostrato con un semplice “non è poi così grave”. Non saprei se definirla una critica oppure una sottolineatura di un aspetto ormai “consuetudinario” per loro, eppure è palese che dimostri questa dicotomia tra il nostro retaggio e quello arabo, in particolare in una scena specifica. Unico giudizio negativo riguardante la trama la rivolgo alla questione visto/laurea: in pratica non si capisce se alla fine riesce o meno a laurearsi, perché anche leggendo i sottotitoli francesi non si intende bene se l'esame di cui si parla fosse quello del visto o della laurea. E non aiuta neppure il dialogo che Yacine ha con Claire nella seconda parte del film. Magari andava approfondito o chiarito questo aspetto.
Ciononostante come avrete certamente capito ormai dal titolo, dalla foto e dalla trama e anche dalle righe iniziali di questo paragrafo, il suddetto film ha come argomento centrale l'omosessualità. Ne siete sicuri? Quindi è un film sui gay? Assolutamente no! L'omosessualità in questo caso è solo un pretesto, una cornice al problema centrale che è quello dell'immigrazione (qualcuno potrebbe dire il contrario, ma alla fine si sposano proprio per i documenti), la quale viene pure “scimmiottata” nel comportamento dell'ispettore Dussart, la versione francese di Corrado Guzzanti (anche nell'aspetto, vagamente). Tuttavia il mondo LGBT ha molta visibilità nella storia e si basa essenzialmente su vari cliché che, per quanto possano infastidire, rappresentano ancora oggi una verità certa. E tutto sommato non dispiacciono. Tra i tanti vi sono l'effeminatezza, l'uso di termini offensivi (tipo “checca”) che ammetto si potevano risparmiare, il vestirsi coordinati, l'atteggiamento di certi personaggi promiscui nei vari locali gay, ecc... Dal mio pdv, lo ripeto, non danno molto fastidio perché alla fine bisogna sempre tener presente che si tratta di una parodia e che quindi, per definizione, tutto deve essere esagerato fino al paradossale. Pertanto sono in completo disaccordo con molte critiche negative rivolte al film da parte di importanti testate francesi (Le Monde, Libération, Le Nouvel Observateur) e al comportamento di varie associazioni LGBT, come ACT UP, che hanno letteralmente bollato il film come omofobo (con adesivi sui manifesti). Signori, come dice la canzone “la verità fa male lo so”; non so dove vivete voi ma è anche colpa di vari esponenti della stessa comunità gay se ci sono ancora questi cliché in circolazione, se si torna sempre su cliché “vecchi di quarant'anni” come ha scritto qualcuno. Insomma basta accendere la televisione e si vedono certi personaggi imbarazzanti (macchiette soprattutto), su cui peraltro le associazioni stesse non si pronunciano. È naturale che non tutti gli omosessuali siano effeminati, ve ne sono molti che hanno un comportamento più maschile di molti etero e infatti questa compagine è rappresentata da Daoud (si legge “Daud”) nel film, però è anche vero che tali situazioni e comportamenti sono ancora presenti. Preferisco quindi di gran lunga pensarla come Télérama, un settimanale dedicato alla programmazione televisiva francese, il quale ha scritto che non è un film sui cliché gay ma sui cliché che gli etero hanno dei gay: in sostanza è una critica verso il modo in cui il mondo eterosessuale guarda ancora a quello omosessuale.
Concludo questa parentesi ricordando che è pur sempre una parodia e che bisogna sempre tenerlo a mente. Bene passiamo al cast.
In Italia gli attori coinvolti (tutti francofoni, ma non tutti francesi) in questo progetto non sono molto conosciuti, eppure ho apprezzato la loro recitazione quasi quanto il nostro doppiaggio. Il film è il secondo francese “autodidatta” di cui faccio una recensione, dopo Qualcosa di troppo, nel senso che il protagonista è anche regista e sceneggiatore e il nostro Paese è stato il secondo (dopo la Francia ovviamente) ad apprezzarlo abbastanza a livello mondiale. Riguardo Tarek Boudali (si legge "Budali") che interpreta il protagonista Yacine (e si scrive così, non Yassine come compare su Internet) mi esprimo favorevolmente più per la regia, sebbene in alcuni tratti ci sia qualche “sbavatura”, che per la recitazione (faccio i complimenti però per la scelta di Roberto Gammino quale suo doppiatore). Come attore non è male, eppure paragonandolo al co-protagonista Philippe Lacheau, ammetto di preferire quest'ultimo. D'altronde i due si conoscono da anni e hanno già lavorato a lungo in vari film, quindi l'affiatamento di coppia è assai evidente e il gioco funziona. La pecca in Lacheau è il suo doppiatore, Nanni Baldini, colui il quale ha doppiato Ciuchino. Insomma non è una voce molto azzeccata per l'attore francese. Un commento positivo lo riservo anche per Baya Belal, qui nei panni della madre di Yacine, la cui interpretazione per quanto secondaria è stata molto convincente e molto apprezzata. Infine un plauso anche a Philippe Duquesne (l'investigatore Dussart) il quale, come ho già avuto modo di dire, ricorda molto il nostro Corrado Guzzanti sia per la comicità ma anche, molto vagamente, nell'aspetto. Il ruolo di Duquesne è in parte la causa di svariate situazioni paradossali ed esilaranti in cui rimangono coinvolti i due protagonisti, ma anche su personaggi secondari a lui collegati, come per esempio il prefetto marocchino. Ecco, anche in questo caso troviamo un'altra parodia del mondo, questa volta, poliziesco e nella fattispecie degli agenti prefettizi.
Permettimi, caro lettore, una piccola parentesi relativa al doppiaggio e poi ho concluso. Oltre le cose già dette, sottolineo soltanto la traduzione erronea di alcune battute, le quali hanno così perso efficacia e anche il loro senso intrinseco: per esempio da “Je voudrais tomber enceinte” (tr: vorrei rimanere incinta) a “vorrei avere dei figli”. Il senso è lo stesso alla fine, ma in quel particolare frangente perde di efficacia e di motivazione. Inoltre non ho affatto apprezzato la pronuncia del nome del cane, Chopin (pronunciato però letteralmente), sia nella versione italiana che in quella originale.
Ecco questo era quanto. Consiglio ASSOLUTAMENTE di vederlo A TUTTI, in particolare proprio agli appartenenti alla comunità GLBT, con l'avvertenza però di tener presente che si tratta sempre di una parodia. Quindi non fatevi il sangue acido per nulla e cercate di guardarlo da un'altra prospettiva.
Buona visiona a tutti!
Valutazione finale: 😍