Un'altra storia romanzata
Il film si apre con un incipit su schermo nero: “Basato su eventi reali … per lo più”; un modo molto eufemistico e gentile per dire che la storia è quasi totalmente fasulla e che gli unici aspetti veritieri sono i personaggi principali e la loro stessa presenza assieme.
Infatti già solamente spulciando su Wikipedia (per quanto sia inaffidabile) o facendo una ricerca più approfondita con la Treccani, si possono notare quanti e quali innumerevoli errori siano stati commessi nella realizzazione di questo film. Ma d'altronde si basa su un romanzo che, per quanto biografico, rimane comunque tale. Perciò la trama non è altro che una “leggera commedia” da assaporarsi senza troppe pretese storiche. Tenendo presente ciò, la storia risulta piacevole e certamente ben diretto, con inquadrature spettacoli. Quindi un plauso alla regia non lo si può negare.
Cosa invece bisogna biasimare, come già intuibile, è la sceneggiatura. Tralasciamo la fedeltà storica per un attimo e basiamoci essenzialmente sui personaggi: oltre alla Regina e ad Abdul si vede principalmente sulla scena, fin dall'inizio, il dottore e il segretario e anche due dame di compagnia, una delle quali è Lady Churchill (l'attrice mora), diciamo la “guardarobiera” della Regina cioè colei che si occupava del suo aspetto. Era la persona più vicina alla sovrana. Chi manca quindi? I figli! E lei ne ha avuti nove, sparsi per tutta l'Europa (tranne che in Italia) grazie a una accurata politica matrimoniale (una però era già deceduta). Nella sequenza iniziale del pranzo di Stato mancavano proprio loro, in particolare l'erede al trono e futuro re Edoardo VII, che compare molto dopo. Questo errore non è concepibile perché, per quanto sparsi per il continente, durante occasioni solenni erano sempre presenti e comunque il principe del Galles viveva a corte. Inoltre il rapporto tra i figli e la sovrana erano molto stretti. Invece gli sceneggiatori hanno preferito ripiegare con persone di secondo livello, per quanto della famiglia. Lo stesso si vede al momento della morte: la regina sta per spegnersi e in scena compare solo Edoardo accompagnato da Guglielmo II di Germania, suo nipote, senza la madre Vittoria ossia la figlia della regina. È chiaro che la presenza del Kaiser è stata inserita solo per abbellire la trama. Vi è poi, tra i tanti errori commessi, un aspetto che bisogna sottolineare e che è stato palesemente rimaneggiato; in questo caso si tratta di fedeltà storica ma lo accenno perché è importante. Abdul Karim e il suo amico non furono selezionati e portati in Inghilterra solo per consegnare una moneta: il vero motivo è che fu la regina stessa a chiedere per il suo Giubileo d'oro di avere due servitori indiani e quando entrambi giunsero al suo cospetto, si chinarono a baciarle i piedi. Sottolineo questo fatto come esempio di rimodellazione e “confettatura” della Storia, nel senso che l'hanno bellamente riscritta in chiave romantica.
Passando al cast, le ovazioni alla protagonista Judy Dench sono d'obbligo per essere stata superbamente in grado di ricoprire nuovamente un ruolo di così grande prestigio e peso. La Dench infatti aveva già impersonato la longeva sovrana nel film del 1997 La mia regina, di cui si potrebbe pensare il presente come un sequel. Infatti in Vittoria e Abdul viene fatto spesso riferimento a John Brown, uno scozzese che la monarca aveva preso in simpatia dopo la morte del marito, il principe Alberto di Sassonia-Coburgo-Gotha, e che le rimase accanto nel lutto. L'amicizia tra i due, portata all'esagerazione in un assurdo pettegolezzo amoroso, è al centro del film del 1997 (mr. Brown è interpretato da Billy Connolly). Questo collegamento è stato inserito perché nella realtà la corte (ossia i servitori, anche nobili, più ristretti) equiparò veramente Abdul a John Brown, avendo paura che si instaurasse un rapporto simile. Perciò è possibile definirlo un sequel ma anche un film fotocopia.
Mezzi applausi li riservo anche al coprotagonista, Ali Fazal. Dico mezzi perché purtroppo il suo personaggio rappresenta alcuni cliché del cinema bollywoodiano e di quello anglofono, dove l'indiano deve essere sempre un tipo bonaccione, un po' ingenuotto e con la testa un po' tra le nuvole. Almeno questa è stata l'impressione che mi ha dato. Essendo però non sua la colpa, devo comunque complimentarmi con l'attore per l'interpretazione.
Altro attore straordinario, per quanto secondario e quindi solo di passaggio, è Michael Gambon il nostro caro Silente. In questo film interpreta il Primo Ministro lord Salisbury e pure in tal caso una precisazione è doverosa. Difatti Salisbury fu sì capo del governo negli ultimissimi anni della sovrana, però era stato per un breve periodo (un cinque mesi) scalzato da uno dell'opposizione. Nel film questi fatti, che erano all'ordine del giorno, sono stati semplicemente eliminati e tutta la storia è stata velocizzata senza tener conto di avvenimenti importanti. A tal proposito un altro dei problemi presenti nella trama è la temporalità: non c'è alcuna indicazione del susseguirsi del tempo e pare che tutto si svolga in uno o due anni dall'inizio dell'avventura di Abdul. In realtà l'indiano passò quattro anni al servizio di Sua Maestà. Tale aspetto è un fattore che non ho mai apprezzato nel cinema biografico.
Non mi sento di parlare del rimanente cast perché non conosco gli attori o quanto meno non li ho trovati così degni di spicco. Posso solo dire che hanno saputo evidenziare bene il razzismo britannico nei confronti degli altri sudditi dell'impero.
Dovendo dare un giudizio finale, direi che il film è molto ben fatto e molto interessante SE non si tenessero in considerazione gli errori storici e SE, come detto in apertura, lo si considerasse solamente una “leggera commedia”. Altro non mi sento di esprimere, tranne forse una critica nei confronti del nostro doppiaggio per evidenti errori (“non ho nessuna privasi qui”; scritto volutamente come pronunciato).
Consiglio quindi di visionare il suddetto dopo aver visto il film del 1997 per cercare di creare una certa continuità temporale.
Buona visione!
Valutazione finale: 😋