Scusate se esisto, film, recensione, cinema, Raoul Bova, Paola Cortellesi
Un film spettacolare, quisquilie a parte
Prendete la Cortellesi, mettetele vicino chi volete e farete il botto. In qualsiasi film, anche con l'attore più insulso che ci sia, Paola riesce a farvi ridere, emozionare, trepidare sempre. Questa straordinaria attrice è uno dei pochi casi, in Italia, in cui è la donna a risplendere sullo schermo come prima protagonista (anche quando secondaria), rispetto ai colleghi.
Affianco a Raoul Bova aveva già lavorato nel film Nessuno mi può giudicare nel 2011, altro grande capolavoro della satira e della denuncia cinematografica. Sì, perché di film-denuncia si tratta anche in questo caso.
Qui, infatti, il regista (che poi sarebbe lo stesso) e gli sceneggiatori hanno voluto raccontare la storia del degrado di periferia, nella fattispecie di una delle tante opere incompiute in Italia dove, però, ci vivono delle persone. Si tratta del mega condominio “Corviale” di proprietà dell'ATER nell'omonima zona dei sobborghi di Roma, mai veramente compiuto e costruito dal 1975 al 1984. La storia, oltre a evidenziare le condizioni in cui vive la gente, pone sotto i riflettori anche la decadenza sociale del luogo, lasciato abbandonato a se stesso. A ciò si aggiunge poi la discriminazione femminile sul lavoro, evidenziando alcune delle condizioni a cui sono costrette sottostare le donne per evitare licenziamenti anche ingiustificati, spesso dovendo chinare il capo riducendosi a serve, come il personaggio di Lunetta Savino, la segretaria di Ripamonti. Altra attrice straordinaria, con un ruolo qui magari marginale a prima vista, ma che in realtà costituisce un esempio perfetto e un personaggio essenziale per spiegare questa denuncia.
La trama, quindi, è molto interessante per quanto vi siano delle pecche e delle critiche da fare. Difatti è un po' improbabile che un architetto, per quanto donna, con decine di master e un CV pieno di importanti incarichi all'estero non riesca a vincere un concorso in Italia. Non metto in dubbio che la discriminazione non ci sia, solamente che c'è una minima discrepanza tra il contesto lavorativo della protagonista e la situazione reale. Fa' strano ecco; ma non per questo impossibile.
E questa era la prima pecca. La seconda riguarda il personaggio di Raoul Bova. A parte la scelta sbagliata del colore del vestiario nella sua prima scena (neri i vestiti con la scala nera, no! Non si distingue quasi nulla) e la sua incapacità nel ballare (è un tronco!), sinceramente trovo che tutti questi cliché e la rappresentazione effeminata degli omosessuali abbia rotto le balle. Capisco che si puntava a far ridere e il personaggio di Marco Bocci in questo è stato spettacolare, però reputo che si sarebbe potuto ottenere lo stesso risultato senza dover cadere nelle solite “macchiette”. Senza contare che proprio Bova, in una battuta del film, afferma: « cosa dovevo fare? Mettermi le pallette, andare in giro con i tacchi e scrivermelo sulla fronte? » o qualcosa del genere.
In ogni caso, come si è detto, il film è una denuncia alleggerita da una sorta di parodia/satira, la quale trova le sua fondamenta nei film mentali, corredati da azzeccate colonne sonore, che Serena si fa ogni volta che parla con Francesco.
Due parole sul cast? A parte i già citati protagonisti, Lunetta Savino e Marco Bocci, nel film troviamo anche Stefania Rocca nella parte dell'ex moglie di Francesco, Cesare Bocci ed Ennio Fantastichini nei panni dell'architetto Ripamonti. Ecco il suo personaggio è un po' ostico: non si capisce il perché Serena debba collaborare col suo studio, dato che il bando l'ha vinto lei e soprattutto è gestito dal Comune. Cioè la presenza dello studio Ripamonti non è ben chiara nelle dinamiche.
Questo è quanto da dire. Le risate sono assicurate, le riflessioni pure perché come si è detto la trama lascia molto su cui riflettere. Quindi va' assolutamente visto!
Buona visione!
Valutazione finale: 😋😋😋
Ah! Il piano per la riqualificazione del Corviale... è stato assegnato nel 2015, ma i lavori non sono ancora partiti.