Dal buio alla luce
Devo ammettere che la storia è davvero triste: per quanto il finale sia “sereno”, tutta la trama è attraversata da questo filo di melanconia e tristezza che caratterizza il racconto.
C'era davvero il bisogno che il cinema sfornasse un film del genere; peccato ci abbia pensato la Francia a produrlo, se proprio dovessimo fare una critica campanilista. Avessimo aspettato una storia simile dal cinema italiano, probabilmente sarebbero passate altre generazioni.
Tuttavia bisogna fare un plauso alla RAI per averlo mandato in onda, non solo perché istruttivo ma anche perché la gente può (forse) rendersi conto delle difficoltà da entrambi i versanti: cioè sia per il ragazzo/a affetto da sordità, cecità e mutismo, sia per chi è al fianco di queste persone (famiglia, insegnanti etc..) e per lo sforzo profuso affinché imparino anche le cose più elementari.
La bellezza e la peculiarità di questo film è che è stato girato per ¾ con la lingua dei segni ed essendo che la LIS è diversa da Paese a Paese, è stato giustamente sottotitolato (in italiano ovvio) anche per gli italiani non udenti. Credo sia una delle prime volte che al cinema assistiamo a un film girato in LIS per gran parte delle scene. È davvero molto interessante e ammirevole e affatto banale: la disabilità sordomuta e cieca non è un argomento trattato spesso nella settima arte, quindi tanto di cappello ai produttori francesi.
La storia però, va' detto, è naturalmente romanzata per quanto sia biografica. Infatti Marie esisté veramente, ma non venne prelevata a casa dalle suore, bensì fu il padre a portarla al convento. Inoltre non era figlia unica, come si può intendere dalla pellicola, ma aveva altri fratelli e sorelle con altrettante disabilità.
Per quanto riguarda il cast, c'è davvero poco da dire: sia Isabelle Carré che Ariana Rivoire sono state magnifiche nei rispettivi ruoli.
In ogni caso la storia è davvero commovente e merita di essere vista. Quindi te ne consiglio caldamente la visione.
Buon film!
Ah, una cosa! I titoli di coda non lo dicono, ma l'operato di suor Marguerite diede il via al cosiddetto metodo Larnay per imparare, appunto, a scrivere e parlare alle persone sordomute e cieche.