recensione, Il ritratto del duca, ritratto, cinema
Quando rubare è un "prendere in prestito"
... non è reato!
Quale modo migliore, per iniziare un nuovo anno, che tornare con una nuova recensione dopo tanto tempo? Il film di oggi, Il ritratto del Duca, è recentissimo ed ha una trama molto interessante:
Leggendo così la trama forse non ti ricorderà nulla; ma se scrivessi: uomo ruba dipinto senza problemi dal museo e se lo porta in camera; qualcosa ti suona? Ebbene la storia ricorda quella di Vincenzo Peruggia che neanche 60 anni prima esatti (1911), rubò dal Louvre la Gioconda e se la portò in albergo. Le dinamiche sono praticamente identiche. Allora potrai pensare che si tratti di una sorta di remake di quegli eventi. Sbagliato! Incredibile ma vero, Il ritratto del Duca si basa proprio su fatti di cronaca avvenuti il 21 Agosto 1961. Ciò che appunto è sorprendente (e anche assurdo), è proprio il fatto che in 60 anni i sistemi di sorveglianza non si sono praticamente evoluti. Certo, agli inizi del Novecento non esistevano ancora e l'unica sorveglianza era quella dei custodi (spesso solo 1 per piano, o peggio per tutto il museo), mentre nel II dopoguerra già vi erano le prime installazioni, ma la facilità con cui in entrambi i casi sia stato rubato un dipinto sconcerta molto e fa anche tanto riflettere. Sopratutto pensando che il luogo del misfatto è uno dei musei più visitati e conosciuti al mondo (allora come oggi) e non, quindi, uno di un comune sperduto dell'Inghilterra.
La vicenda in sé poi ha altri aspetti più significativi. Come ho già detto è basato su una storia vera (pur essendo ovviamente romanzata) e per quanto il furto sia la trama principale, la cronaca ci narra sullo sfondo i problemi della vita quotidiana di una famiglia e della società dell'epoca. Due sono in particolare gli aspetti da tenere in considerazione: da un lato il conflitto interiore di una madre che deve fare i conti col passato familiare e con le esuberanti idee del marito; dall'altro, appunto, la forte discriminazione razziale xenofoba di una società ancora chiusa nei confronti degli stranieri ma anche al suo interno, con i rimasugli di una casta gerarchica.
Finirei qui, perché c'è poco altro da dire.
La regia è straordinaria; la Storia è narrata in modo da suscitare forte interesse fino all'ultimo, anzi è talmente ben fatta che lo spettatore (o quanto meno io) si ritrova disorientato quasi fosse stata scritta dalla Christie. Il montaggio è azzeccato: la vicenda viene presentata proprio come un resoconto di cronaca ed è stata quindi montata come se fosse un notiziario d'epoca. Il cast? Che dire! Broadbent è pazzesco, così somigliante all'originale. Forse te lo ricorderai per i ruoli nei film di Bridget Jones o nei panni di Horace Lumacorno: il tipico inglese dallo humor britannico. Perciò o lo si ama o lo si odia. Al suo fianco troviamo Helen Mirren e già basta il suo nome per dire tutto: un'interpretazione degna della sua bravura e del suo calibro di premio Oscar. Anche Whitehead mi è piaciuto molto, avrebbe forse meritato più risalto. Accanto a questi tre, troviamo poi Matthew Goode, già visto in The Crown.
Inutile dire, credo, quanto il film sia consigliatissimo! Guardalo perché oltre a farti sorridere, ti fa pure riflettere.
E specialmente una domanda, forse, ti terrà occupata la mente: ma se ha confessato, come mai non è ancora stata trovata la cornice? Un caso irrisolto che continua a esistere da 62 anni!
Buona visione!
Valutazione finale: 😍
PS: la storia è alquanto accurata a detta del nipote del ladro, Christopher Bunton (QUI la sua intervista).
DIFFERENZE CON LA REALTÀ (occhio spoiler.)
- Il furto avvenne in agosto e non in marzo.
- Il ritratto fu “tenuto in prestito” per 4 anni e non 3 mesi.
- Il nome di uno dei figli è stato cambiato. Non si chiama Jack “Jackie”, bensì John.
- Kempton non riportò di persona il dipinto.