Un film spettacolare tra Storia e mito
La storia è ambientata tra il 1764 e il 1767 in Francia, durante il regno di Luigi XV. In quel periodo, nella regione del Gévaudan, si susseguirono in breve tempo una serie di brutali assassini perpetrati da un essere introvabile, che molti cominciarono a chiamare “la Bestia”. Il cavaliere Grégoire De Fronsac (Samuel Le Bihan), con l'amico/fratello irochese Mani (Mark Dacascos), viene quindi inviato dal Re per risolvere la faccenda e portare l'animale a Parigi per imbalsamarlo e studiarlo. I due uomini, però, si troveranno a doversi confrontare innanzitutto con la riottosità della nobiltà di quelle terre e con una superstizione e un'ignoranza ancora diffusa tra il popolo.
Il film non è recentissimo, è del 2001, ma costituisce un esempio perfetto di commistione tra mito e realtà. La trama infatti si basa su fatti realmente accaduti nel Mezzogiorno francese negli anni che ho indicato nella medesima: si tratta della vicenda passata alla Storia come la leggenda de La Bête du Gévaudan, La Bestia del Gévaudan. Troverete un riassunto più avanti nel testo.
Questa trasposizione l'ho sempre reputata interessante e accattivante, perché per l'epoca costituiva un cambiamento nel modo di recitare e di dirigere un film, nel panorama mondiale ma sopratutto francese. La prima di queste trasformazioni la si può percepire nella sceneggiatura.
La storia viene narrata in crescendo, portando lo spettatore a passare dalla realtà alla leggenda senza quasi rendersene conto. Questo espediente viene realizzato attraverso l'atteggiamento del protagonista (all'inizio scettico poi sempre più convinto) e la mentalità dei suoi detrattori/antagonisti, espressa attraverso i loro pensieri e le loro superstizioni. Nel primo caso, in particolare, lo si intuisce nelle conclusioni tratte da Fronsac dai racconti di due sopravvissuti agli attacchi della Bestia e nel modo in cui essa viene ricordata: il primo è di un ragazzo che descrive l'animale come un essere demoniaco non troppo dissimile da un lupo, le cui sembianze però risultano distorte a causa dello shock; il secondo invece è quello di una bambina raccontato attraverso un flashback, dove si ha la prima vera raffigurazione della Bestia. È tramite queste due testimonianze che cambia la mentalità del protagonista e avviene quindi il transito. Vi è poi un terzo momento costituito dalle dichiarazioni del narratore, il quale afferma espressamente che: nel Gévaudan i crimini continuarono, ma ufficialmente la Bestia era morta. Quello che accadde veramente, non appare sui libri di Storia; si son ben guardati dal divulgarlo.
Un'altra trasformazione di cui Il Patto dei lupi è emblema, concerne l'utilizzo dello slow motion in sequenze “naturalistiche” e non più solo nei combattimenti tra uomini, i quali vengono a loro volta proposti come incontri di arti marziali a mani nude o con armi bianche: si aboliscono quindi quasi del tutto le armi da fuoco e le spade negli scontri diretti (impiegate solo verso la parte finale). Naturalmente una simile scelta fu attuata già da film precedenti, ma in questo tali trovate differiscono dal modo in cui vengono impiegate e riprese.
Per quanto riguarda il cast, devo dire che gli unici attori conosciuti sono la coppia Cassel-Bellucci già menzionata in apertura, mentre gli altri per i cinefili italiani posso risultare un po' anonimi essendo principalmente commedianti francofoni, impegnati nel cinema nazionale (fa' eccezione Dacascos che è statunitense). Ciò non toglie che le loro interpretazioni siano state autorevoli.
Che altro dire? La regia è spettacolare, al punto che dopo anni di distanza continua a suscitare forte emozioni. Certamente il regista riesce (almeno col sottoscritto ci è riuscito) imprimere la sua storia a fuoco nella mente dello spettatore. Vi sono comunque degli aspetti nella sceneggiatura che non ho inteso, ma si tratta di piccolezze da niente (come le unghie; perché tenerle?). È quindi un film che vi consiglio assolutamente di vedere se vi piacciono la Storia, i miti e la fusione tra le due cose.
TRA REALTÀ E LEGGENDA
Come saprai, caro lettore, tutti i miti e le leggende hanno un fondo di verità e mai come in questo caso tale enunciazione è veritiera. Difatti negli anni Sessanta del Settecento, la Francia meridionale fu scossa da un'ondata di morti e uccisioni che giunsero a un totale di cento-centotrenta vittime accertate, per lo più donne e bambini. Tutti i casi sono stati documentati e tutt'oggi esistono i rapporti della polizia e degli intendenti (i prefetti dell'epoca) con dettagli molto cruenti sulla natura delle morti. Grazie a una simile meticolosità si potrebbe pensare che fu facile rintracciare il colpevole. Invece non è così. Si seppe per certo che non si trattò di un uomo, a causa delle ferite inflitte, bensì di un animale molto probabilmente un lupo. Eppure nessuno riuscì mai a vederlo né a catturarlo. Ed è qui che nacque il mito della Bestia.
Alcuni storici moderni pensano che non si sia trattato di un unico esemplare, ma che gli omicidi fossero opera di un branco o quanto meno di vari lupi solitari, a causa del vasto raggio degli assassinii che era di 80-90 km. Poichè le morti avvennero con una certa frequenza almeno inizialmente, si ritiene infatti improbabile che un solo lupo potesse spostarsi così rapidamente entro quell'area. Inoltre a rafforzare quest'ipotesi è anche il periodo di quietanza susseguito alle varie cacce e alle presunte uccisioni della vera Bestia, dichiarate dal personaggio di turno, come avvenne nel 1765 (poi puntualmente ripresero). Altri invece ritengono fosse un singolo animale affetto però da una malattia detta acromegalia, la quale ha come sintomi l'accrescimento anormale delle ossa e della stazza intera; ciò spiegherebbe sia i segni degli artigli che quelli dei morsi. Questa tesi non è del tutto da escludere, in quanto vi sono dei casi riguardanti la malattia tuttora accertati anche tra gli essere umani.
Tuttavia, quale che fosse la vera natura della Bestia non lo sapremo mai perché dei vari esemplari uccisi (l'ultimo nel 1767, il più plausibile), non è rimasta alcuna testimonianza e l'unico a essere stato imbalsamato fu poi distrutto per ordine del Re. Quindi addio prove. Non pensare però, caro lettore, che con tale ordine il sovrano volesse insabbiare la vicenda: per lui la questione si risolse nel 1765 e non ne volle semplicemente più sapere. A tal proposito ti ricordo le parole del narratore menzionate nei paragrafi precedenti, incentrate proprio sulla decisione del monarca di quell'anno.
Anche le testimonianze dirette (pochissime) non possono essere prese troppo seriamente, poiché erano influenzate dalla superstizione popolare e anche condizionate dallo shock degli attacchi e/o dai probabili incontri con l'animale. Questi fattori contribuirono a dare vita alla leggenda, tramite la diffusione di notizie distorte dettate anche dal nervosismo e dalla paura collettiva, oltre alle ragioni già espresse.
Ciò che effettivamente è certo, in ogni caso, è che questo lupo (o lupi) era davvero antropofago, ossia mangiatore di uomini ma la colpa (e quindi le cause) di questa sua “fame” devono essere attribuite all'uomo stesso.
Ricordati caro lettore che il lupo è un animale pacifico, se lasciato stare e difficilmente attacca per primo gli esseri umani. Inoltre al giorno d'oggi è anche un animale fragile e indifeso, purtroppo ancora oggetto di una scellerata caccia e di uccisioni “preventive” irragionevoli.
C'è sempre un'alternativa all'assassinio!
Grazie per aver letto fin qui.
A presto!
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